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DAVID CROSS / DAVID JACKSON Another day Cherry Red Records 2018 UK

Non hanno ovviamente bisogno di presentazioni, David Cross e David Jackson sono due mostri sacri del prog anni ‘70. Tutti conosciamo le loro avventure rispettivamente con King Crimson e Van Der Graaf Generator. Forse un po’ meno conosciamo le loro carriere solistiche, tutt’altro che trascurabili.
Di David Cross ricordiamo in particolare quel piccolo gioiellino che è “Exiles” del 1995, ma un po’ tutta la sua discografia si è mantenuta su livelli accettabili. Di David Jackson al di là delle innumerevoli collaborazioni, possiamo senz’altro apprezzare lo spinoff vandergraaffiano dei Long Hello.
Inoltre, come precondizione all’ascolto, c’è da ricordare che il violinista Cross nella sua militanza crimsoniana andò a sostituire il sassofonista Mel Collins, mentre il buon Jackson fu sostituito dal violinista Graham Smith all’interno dei Van Der Graaf. Coincidenza particolare, che ci deve però far riflettere sul fatto che abbinare all’interno dello stesso gruppo un sax e un violino non è la cosa più immediata del mondo. Sono entrambi due strumenti solisti che amano prendersi la scena e la cui tonalità fanno fatica ad amalgamarsi senza pestarsi i piedi. Consci di ciò siamo consapevoli che la sfida lanciata da questi simpatici vecchietti è tutt’altro che banale.
Per riuscire nel loro intento hanno evitato di inserire all’interno della loro band altri strumenti dominanti, come la chitarra, che potessero pestargli i piedi e le stesse tastiere suonate da entrambi sono usate con parsimonia e come semplice sfondo sonoro per le evoluzioni dei due strumenti solisti. Si sono quindi limitati ad una semplice ma efficace formazione a 4, dove oltre a loro due sono presenti il bassista Mick Paul e il batterista Craig Blundellentrambi già membri della David Cross Band.
Il disco punta tutto sulla classe e il mestieri dei due David, che, da veterani di tante “battaglie”, sanno alla perfezione quali sono le sonorità che maggiormente impattano la nostalgia dei loro ascoltatori. Sin dal riff di apertura del primo brano “Predator” si capisce che ovviamente sia Van Der Graaf che i King Crimson di “Larks Tongues in Aspic” la faranno da padrone in questo album. Tuttavia c’è dell’altro: tanta fusion, atmosfere elettroniche e in generale l’album è abbastanza in linea con la produzione solistica di David Cross. Tutti i brani lasciano piena libertà ai due solisti, basati sempre su improvvisazioni iniziali che vengono poi codificate all’interno di una struttura definita, riuscendo così a dare un mood diverso ad ogni brano. Si spazia, spesso anche all’interno della stessa canzone, da momenti più frenetici e selvaggi come appunto in “Predator”, “Last Ride” e “Come Again”, ad altri più melodici come in “Going Nowhere”, “Arrival” e “Millennium Toll”.
La produzione, a cura del figlio di David Jackson, non convince pienamente, troppo precisina e un po’ piatta che, specialmente nei brani più selvaggi, non rende giustizia al sound viscerale della coppia, mentre in quelli più soft rende il tutto un po’ troppo plasticoso. Stesso discorso potrebbe farsi anche sull’artwork un po’ troppo new age.
Che dire infine… i due David ci sanno certamente fare, il loro mestiere è fuori discussione, indubbiamente il disco è suonato molto bene e in alcuni passaggi manderà in brodo di giuggiole i vecchi (e forse anche i nuovi) appassionati prog. Tuttavia non sono ancora pienamente convinto che siano riusciti nel loro intento iniziale e mi rimane il dubbio che violino e sax non si sposino alla perfezione. Comunque alla fine poco importa, è sempre un piacere ritrovare due vecchie conoscenze che hanno ancora voglia di divertirsi e facci divertire.



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Francesco Inglima

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