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GARY DIBENEDETTO Twin towers Electroshock Records 2010 USA

Torri gemelle, due parole che riescono ad accendere nell’animo di ognuno un turbinio di ricordi ed emozioni, una ferita sempre aperta che non riesce a cicatrizzarsi, un titolo che insomma non passa di certo inosservato e che Gary Dibenedetto ha scelto in maniera consapevole per questa sua raccolta di controverse immagini sonore. I pezzi racchiusi in questo CD hanno una provenienza eterogenea ma sono stati raccolti in un’unica collana come elementi che in qualche modo riescano a trasmettere un messaggio politico o sociale. Non troverete slogan né testi ma 9 composizioni elettroacustiche che in qualche modo colpiscono l’anima dell’ascoltatore imprimendovi delle sensazioni forti ma allo stesso tempo indefinite ed astratte. Dibenedetto ha un’esperienza compositiva in questo ambito musicale che inizia nel 1972 attraverso la raccolta di suoni provenienti da ambienti naturali ed industriali e la sua arte viene spesso concretizzata attraverso installazioni audiovisive e multimediali. Questo album, che scaturisce da una serie di riflessioni forti su temi politici ed esistenziali, somiglia proprio ad un insieme di sculture musicali, tagliate ad angoli vivi e dalle forme intangibili. In generale sono costituite da insiemi sonori non affollati e poco intelligibili, volutamente poco scorrevoli ma in qualche modo suggestionanti per la mente dell’ascoltatore.
La traccia di apertura, con il suo titolo che sembra un invito sibillino, “Knock and the Door Shall be Opened”, è costruita attorno al suono della porta del bagno degli uomini della libreria di stato di Berlino. Così un particolare acustico della vita reale si trasforma nella porta verso una buia fantasia che fa riferimento a chissà quali sbiadite immagini sonore sepolte nei meandri di un inconscio insondabile. Agli elementi percussivi fanno vagamente eco dei frammenti sonori polifonici che sembrano provenire da un pozzo oscuro e senza fondo ed è così che sprofondiamo nella composizione successiva, “Toy Store”, che dà quasi l’idea della tensione che si prova nel camminare sulla superficie ghiacciata di un fiume che da un momento all’altro potrebbe infrangersi e che ad ogni passo emette degli scricchiolii sinistri che potrebbero preludere alla nostra fine. “A Question of Principle” è una composizione in 3 movimenti che descrive la “Teologia della Liberazione” come mezzo di educazione dei contadini e allo stesso tempo come mezzo di distruzione della cultura rurale del Nicaragua e di El Salvador. Gli elementi percussivi rappresentano la vita contadina sulla quale incombe la chiesa cattolica, descritta invece dai suoni freddi degli archi e delle campane. La combinazione di suoni elettronici ed acustici genera un senso di tormento profondo ed indefinito che scaturisce da un sentimento di minaccia per poi portare ad uno stato di sofferenza più profonda.
“Oh You’re So Adollarable” si ispira agli effetti del potente dollaro sulla vita delle persone innocenti. Tutti i suoni utilizzati in questa composizione di circa 4 minuti derivano da una registrazione di 54 secondi raccolta in diversi mercati cubani per turisti; l’effetto finale è volutamente stordente ed irritante. “Petroleum Complex” rappresenta il disperato tentativo di mantenere in vita l’economia capitalistica ed il desiderio di controllare tutte le risorse economiche petrolifere. In quest’occasione vengono preferiti suoni metallici che possono dare l’idea dei barili di petrolio e delle lamiere e che rappresentano la percezione occidentale del Medio Oriente filtrata attraverso i conflitti legati all’oro nero. “Self Portrait” origina da una videoregistrazione di 10 secondi e vuole esprimere il concetto per cui la percezione della realtà è fabbricata dalla nostra volontà. I suoni si fanno qui serpeggianti ed innaturali, evocando l’immagine di strane creature striscianti e sibilanti.
In chiusura troviamo la title track che, come suggerisce chiaramente il titolo, vuole rievocare la tragedia dell’11 Settembre e che con i suoi 10 minuti rappresenta il pezzo più lungo dell’album. Si inizia con la lettura di Meena Alexander di una delle sue poesie ispirate all’evento. La voce è metallica ed innaturale, sorda e sussurrata, e sembra quasi scaturire da una dimensione parallela. Segue una rappresentazione sonora dell’impatto degli aerei e del collasso degli edifici che si estende temporalmente per un ventesimo della durata dell’intero attacco terroristico che nella realtà è di 101 minuti. Si tratta di una lettura sonora personale ed espressionistica della tragedia che genera un senso di smarrimento ed angoscia amplificato dalla potenza dei ricordi di chi ascolta e che inevitabilmente trasferisce sul collage di suoni le proprie esperienze. Un’opera caustica che non si lascia ascoltare ma che va vissuta con lo spirito di chi si immerge in un ambiente estraneo e pieno di incognite.


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Jessica Attene

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