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DÉMODÉ Le parole al vento autoprod. 2011 ITA

Mi piace la definizione di “orchestrina tascabile” che i Démodé si attribuiscono: è azzeccata e dà un’idea di quello che ci si può aspettare prima dell’ascolto del loro album d’esordio, oltre a suggerire di avere a che fare con un gruppo di scalcinati musicisti che cercano di realizzare con pochi mezzi le proprie aspirazioni musicali.
In realtà, la situazione è ben diversa. Con una formazione atipica che mescola strumenti acustici (per la precisione, violino, clarinetto, sassofono e pianoforte) ad una sezione ritmica rock, questo ensemble suona una musica molto divertente, ma allo stesso tempo sofisticata e di qualità, frutto di grande impegno esecutivo e compositivo. La classe e la perizia dei musicisti non è in discussione, così come la capacità di integrare generi diversi, tra jazz, folk e rock, realizzando una sintesi felice e originale. Interamente strumentale, “Le parole al vento” offre una varietà di sapori musicali invidiabile e al tempo stesso omogenea, che passa per le atmosfere popolari italiane e balcaniche di “Baciami Elvira”, “Vecchiomondo” e “VeraLuna”, quest’ultima intrisa di melodie jazzate e punteggiata da spiazzanti accelerazioni, l’alternanza di jazz e rock di “Unobanana” e “China Boid”, la fusion mediterranea di “Oltremare”, la breve rielaborazione folk di “Pizzica”, la struttura divisa tra progressive e improvvisazione di “Dante”, il lamento zingaro di “New Pest”, per chiudere con il jazz guidato dai fiati e miscelato alla musica popolare di “Serpenti”.
Ascoltando attentamente l’album, non è difficile rendersi conto di quanto esso sia ben curato e realizzato, dominato da composizioni intricate ma studiate per mettere in risalto la melodia, gli arrangiamenti e l’esecuzione. Ogni brano, inoltre, presenta passaggi che entrano in testa facilmente sotto forma di gustose linee melodiche dall’apparente semplicità, siano esse sviluppate come languidi interventi solisti o bizzarre marcette.
E’ difficile che “Le parole al vento” non piaccia, anche ad un ascoltatore meno avvezzo al tipo di ricerca musicale proposta da questi sei musicisti di Udine. Il mio scontato suggerimento, quindi, è di dargli una possibilità, perché se la meritano.


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Nicola Sulas

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