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EMILY Anni di piombe Damigiana Records 2006 ITA

Leggendo il titolo di questo disco ho pensato a un errore di stampa; quanto alla casa discografica, a una presa per i fondelli... Le perplessità in merito ai liguri Emily proseguono laddove si nota da un lato la fierezza nel definirsi working class band (vedi il sub-monicker), dall'altro l'affermazione "non mi piace lavorare" (il testo de "Il piacere è tutto mio"). Mah... Quanto all'aspetto musicale, va subito detto che col progressive 'sto CD non ci azzecca proprio nulla: le dodici tracce, di durata oscillante sui 2-4 minuti, hanno un'intelaiatura fondamentalmente punk, e gli innesti di tastiere e fisarmonica sono del tutto innocui. Di per sé questo non è ovviamente un male; il problema, piuttosto, consiste allora nel rilevare se il gruppo è in grado di distinguersi dal mare magnum di altri progetti similari, visti i limitati margini espressivi del genere prescelto. Le buone intenzioni ci sono, ma né il fiacco rock italiano dell'opener "Quella che fa così", né le modeste derive stoner di "Più" e "Negare" suonano qualificanti. "Tina" e "Superba incatenata" giocano su iperabusate ritmiche ska à la Punkreas, e il tentativo di combat-folk - con i Modena City Ramblers dietro l'angolo - di "Impotere" è anonimo. Tutto sommato è ancora meglio ripiegare sul più canonico punk-core de "Il buio non è assenza".
Ma torniamo ai testi. Quantomai incazzati, e nel contempo pretenziosi in chiave poetica (pure la rima baciata...), sparano a zero verso i soliti noti, prediligendo il consueto e consunto anticlericalismo, buono per tutte le stagioni, unito a dichiarazioni d'amore per il vino, il "fumo" e la sinistra. Tutto molto "politicamente corretto"! Si può condividere o no, ma mi sembra comunque errata e pregiudiziale la critica racchiusa ne "La mensa di don...", e lo dico a ragion veduta, essendo quotidianamente coinvolto nella distribuzione di pasti ai poveri in ambito religioso.
Posto che, com'è logico, il mio è solo un parere personale che non ha pretese di universalità, devo tuttavia ammettere di non aver riscontrato reali motivi di interesse in questo lavoro. Non me ne vogliano i diretti interessati: al di là di incancreniti riffs (fra l'altro incisi maluccio) e ultrascontati testi ribellistici, qui per conto mio c'è davvero poco. Amen.

 

Francesco Fabbri

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