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ELEPHANT PLAZA Momentum Progress Records 2016 NOR

Gilbert Marshall (voce, chitarre e tastiere), fondatore degli Elephant Plaza, era membri dei Magic Pie e già prima della sua fuoriuscita dal gruppo, nel 2006, ha cominciato, assieme a Espen Mikarlsen, a lavorare per un nuovo progetto che solo adesso riesce a prendere forma compiuta, complice anche l’incendio dello studio e la conseguente perdita di tutto il materiale fino ad allora registrato. Mikarlsen nel frattempo ha dovuto abbandonare il progetto ed altri musicisti sono stati integrati nel progetto, compreso l’altro ex Magic Pie John Kamphaug (basso, voce).
“Momentum” si presenta solo in parte imparentato con la musica dei Magic Pie, in favore di un rock classico (ma con attitudini moderne), con forti influenze floydiane, melodie spesso larghe e frequenti escursioni ai limiti del Prog metal. Non si disdegnano melodie e riff trascinanti e coinvolgenti, come nella mini-suite “The Quested” (la cui seconda parte si intitola, non casualmente, “Rock’n’Roll Fantasy”). L’altra mini-suite presente (“The Human Race”) è un crescendo molto orecchiabile e ammiccante e vede come protagoniste, specie nel finale, le voci femminili delle ospiti Annett Lunde e Maria Bentzen. Il perno dell’album lo si trova però nella suite “Momentum”, posta in chiusura ed estesa su quasi 20 minuti e 5 movimenti. La composizione si snoda nelle sue prime parti su movenze ampie e floydiane, con begli scambi di chitarre e tastiere; una parte centrale atmosferica e sognante fa da spartiacque per la parte finale, dalle sonorità più concitate e pesanti e toni anthemici.
Il dischetto tuttavia, specie nella sua prima parte, contiene canzoni singole, non facenti parte di suite e mini-suite. “Naked” è la canzone d’avvio, su atmosfere rockeggianti e fruibili, benché ben orchestrata. “Southwest” si avvale fin dall’avvio di effettistica elettronica, prima della partenza del cantato (la voce di Gilbert, a parte momentanee abdicazioni in favore delle ospiti femminili o occasionalmente inserita all’interno di parti corali, è la vera protagonista di quest’album) che si mantiene su standard floydiani, con una ritmica piuttosto cadenzata. “Paralyzed” ha movenze iniziali più d’atmosfera, col cantato che accompagna delicatamente tastiere e chitarra, per poi accelerare progressivamente, inserendo il contrappunto di una voce femminile a quella di Gilbert, creando un bel duetto che si estende per la residua durata della traccia. “All the Way” si mantiene invece su atmosfere tranquille, con la voce su tonalità calde e melodiche, per un 4/4 che più Pink Floyd non si può…! Poi c’è “Wishful Thinking”, posta a cerniera tra le due mini-suite e la suite finale, melodica e quasi acustica, con una bella parte di chitarra ad accompagnare il cantato, stavolta su tonalità quasi delicate.
L’album è innegabilmente ben realizzato e sapientemente messo in opera, dettagliato scrupolosamente e abbastanza eclettico; i musicisti coinvolti sono senza dubbio esperti e navigati e sanno come muoversi in maniera professionale. Alcuni momenti più rockeggianti possono risultare magari più indigesti ma, nel suo complesso, la musica scorre via in modo agevole e gradevole, riuscendo anche a lasciare qualcosa di sé nell’ascoltatore.



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Alberto Nucci

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