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EDENSONG Years in the garden of years The Laser’s Edge 2016 USA

Nonostante le disavventure che nel tempo ha affrontato James Byron Schoen, vocalist e chitarrista nonché fondatore, nel reclutare e conservare una line-up valida e stabile e nonostante la band abbia dato alle stampe finora solo un album in studio nell’ormai lontano 2008 (più una raccolta di live e canzoni riprese dal repertorio degli Echoes Of Eden, effimera band Progressive Metal degli anni ’90 che costituì il primo nucleo degli Edensong), l’annuncio dell’uscita del nuovo album di questa band suscitava non poche aspettative nel ristretto popolo Prog. A suo tempo, nella sua vecchia formazione, poi totalmente rinnovata, gli Edensong hanno peraltro suonato molto in giro e partecipato a vari festival, conquistandosi consensi ed apprezzamenti. Molto sinteticamente la musica della band è stata definita, tempo fa, "Jethro Tull meets Dream Theater meets Yes. It's amazing-sounding stuff ", facile quindi darsi una risposta se ci si chiede il perché di queste aspettative.
“Years in the Garden of Years” si presenta, così come il predecessore, sotto forma di una sorta di opera rock, con un susseguirsi di canzoni piuttosto teatrali, che si estende sulle 8 tracce centrali dell’album, con uso di flauto ed archi (e anche gamelan, le percussioni indonesiane) che ne arricchiscono le sonorità e le soluzioni musicali. Solo la prima e l’ultima traccia non sembrano far parte dell’opera (o concept che dir si voglia).
“End Times in Retrospect”, lo strumentale con cui la suite inizia, ha un’oscura apertura classicheggiante, con chitarra acustica e violoncello, che se poi si sviluppa in un bel brano Prog con influenze folk (il flauto è molto presente nelle dinamiche della musica degli Edensong) e classiche, con ritmiche piuttosto concitate; una caratteristica costante, questa, con la componente metal della band che si fa sentire spesso e volentieri. “In the Longest of Days” è un bel brano cantato, con un avvio cauto e quasi misterioso che poi va progressivamente in crescendo. “The Hollowed” è un brano lungo (oltre 9 minuti) e notturno, con belle melodie e strumentazioni: flauto, violoncello, chitarra acustica… il rintocco del gamelan. Decisamente delizioso, anche quando il pezzo prende quota e si fa delicatamente più movimentato, con un piacevole sapore di musica cameristica che lo pervade per tutta la sua lunghezza.
“Down the Hours” torna a portarci su ritmiche frenetiche, anche se con belle parti di piano e flauto, accrescendo la tensione e riportando le atmosfere su toni nervosi, con un cantato che alterna inflessioni rabbiose e delicate. La successiva “Chronos”, introdotta dalla coda della traccia precedente, è una lunga canzone strumentale che inizia col flauto in evidenza ma che prosegue con caratteristiche più rockeggianti della precedente “The Hollowed”; un riff ripetitivo quasi elettronico e un finale in cui il gamelan si mescola alle chitarre distorte vanno a movimentarne i lineamenti.
“Generations” è un brano breve e delicato, con un cantato pressoché sussurrato, che funge quasi da introduzione ai due lunghi brani conclusivi della suite; “The Atman Apocalypse” inizia col violoncello inquietante che dà ben presto strada a un brano up-tempo, con flauto in evidenza, ricco di atmosfere tipicamente Prog che si susseguono in modo labirintico. “Regenerations” inizia invece in modo più lento e rassicurante, ancora con la chitarra acustica sostenuta dal piano, delicate tastiere e flauto, salvo crescere nella seconda metà con le tastiere che salgono di tono, per un finale quasi solenne.
Le due canzoni extra-concept, “Cold City” e “Yawn of a Blink”, situate rispettivamente in testa e in coda all’album, hanno ovviamente caratteristiche musicali non difformi dal resto della musica degli Edensong; la prima è piuttosto movimentata, col flauto che gareggia con la frenetica sezione ritmica, con un finale decisamente più metal. La seconda, pur non avendo nulla da invidiare in quanto a frenesia ritmica, presenta distorsioni chitarristiche meno evidenti, con una maggiore orchestrazione e sonorità più tipicamente Prog.
Il secondo, lunghissimamente atteso, album degli Edensong non delude, quindi; si tratta di un lavoro decisamente ricco di attrattive, ben realizzato e ottimamente suonato, con una scelta di soluzioni musicali che lo tengono in bilico tra un Prog muscolare e moderno e sonorità più colte, certamente in grado di attrarre l’attenzione di molti ascoltatori.



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Alberto Nucci

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