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ELECTRIC MUD Wrong planet Timezone 2016 GER

Gli Electric Mud sono un terzetto di Hannover, solo omonimi degli Electric Mud che, nei primi anni ’70, pubblicarono un discreto album di krautrock. Questi Electric Mud sono guidati dal bassista Hagen Bretschneider, principale compositore, accanto al quale ci sono Nico Walser (chitarra, percussioni, tastiere ed effetti) e Lennart Hüper (chitarra ritmica). Il progetto è giunto al suo terzo album; dopo l’esordio del 2013, che era più orientato sul blues, a partire dal lavoro successivo ci propongono un Prog strumentale molto sbilanciato sul versante post-rock, con ampi sconfinamenti nella psichedelia ed anche un po’ di lounge music (loro in effetti si definiscono Post-Progressive Rock… e vabbè).
“Wrong Planet” consta di 9 tracce, prevalentemente caratterizzate da atmosfere ampie e morbide, con diverse escursioni stoner che di tanto in tanto movimentano le melodie, principalmente costruite dall’alternanza tra chitarra e tastiere, con molti effetti noise che vanno ad aggiungere sapori misteriosi ed artificiali. I Sigur Rós incontrano i Black Sabbath, potremmo dire…
Talvolta l’andamento dei brani ha connotati ambient ed ipnotici, come la lunga e deliziosa “Liquid Sky” o la conclusiva “New Horizons”, caratterizzate da lunghi arpeggi di chitarra su cui si sovrappongono di volta in volta riff di chitarra più o meno distorta, suoni di flauto o tenui tappeti di tastiere. Altre volte invece il blues degli esordi torna a fare capolino (“Deep Sand”), pur inserito nel nuovo contesto musicale.
I brani, nonostante la predominante andatura calma e cadenzata, quasi mai sono lisergici e fumosi, prediligendo un incedere pressoché costante, fatte salve le periodiche scorribande stoner (non metal, chiariamo), che ci accompagna praticamente dall’inizio alla fine dell’album. “Beyond the Black Rainbow” e la title track non sono immuni da incursioni space rock, con l’utilizzo di ritmiche e sonorità che ci rimandano un po’ ai Kraftwerk… ma anche ai Rockets, tutto però restando sempre all’interno del percorso generale, senza eccessive accelerazioni.
L’album riesce ottimamente, a mio parere, nell’intento di non risultare pesante e monotono, nonostante l’apparenza monocorde e più o meno regolare delle canzoni. Alla fine posso affermare che si tratta di un lavoro abbastanza interessante ed anche piacevole, almeno per ciò che mi riguarda.



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Alberto Nucci

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