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FAUST Something dirty Bureau B 2011 GER

Ogni genere ha dei nomi con i quali si identifica: Rock Sinfonico con i Genesis o Yes, RIO con i Henry Cow, Zeuhl ovviamente con i Magma... Krautrock con i Faust!
È quindi doveroso ricordare che quando parliamo dei Faust parliamo della storia della musica Rock. Fatte le dovute riverenze, dobbiamo altresì ricordare che aver fatto la storia non ti permette di comporre capolavori per inerzia, ma piuttosto è un macigno pesante con il quale è spesso difficile confrontarsi. Assai difficile mantenere standard qualitativi elevati nell'arco di carriere quarantennali e spesso i paragoni con il passato sono impietosi. Per fortuna dei Faust (e anche nostra) non è questo il caso. Pur non raggiungendo i picchi elevatissimi degli anni Settanta e nemmeno quelli degli anni Novanta, nell’ultimo decennio i Faust, tra molteplici cambi di formazione, hanno sempre mantenuto un livello compositivo di tutto riguardo, aiutandosi sì con un po’ di mestiere, e sempre mostrando una classe innata! I continui litigi fra i componenti storici della band hanno portato il gruppo a sdoppiarsi in due: due band Faust che registrano album indipendentemente l’una dall'altra, ma entrambe con il moniker Faust. Una capitanata da Hans-Joachim Irmler, l'altra Jean-Hervé Péron and Zappi W. Diermaier. Mentre il precedente "Faust Is Last" era (forse) il proclamato addio di Irmler, questo Something Dirty è opera della seconda line-up. L'album che abbiamo sottomano non ha certo la genialità e la creatività di un “Faust IV” e forse non sarebbe nemmeno giusto esigerlo, ma è un disco genuino, viscerale, diretto, fatto ancora con passione che mostra una band ancora viva. Zappi e Jean-Hervè non sono forse mai stati le menti più brillanti del gruppo, però ne sono pur sempre stati il motore pulsante.
Cercando di attingere sempre nuova linfa, i due hanno fatto dei Faust un vero è proprio cantiere aperto, dove di volta in volta si alternano illustri musicisti. Da qui sono passati, tra i tanti, Steven Stapleton e Colin Potter dei Nurse With Wound, Amaury Cambuzat degli Ulan Bator. Ora è il turno del chitarrista James Johnstone e di sua moglie Geraldine Swayne, tastierista e cantante (nonché pittrice), prima donna ad essere entrata nella line-up dei Faust. I due nuovi arrivati conferiscono all'album una freschezza e forse una leggerezza non comune nella discografia della band. Presenti addirittura due ballate noir, “Invisible Mending” e “Lost Mending”, dove la sensuale voce della Swayne la fa da protagonista.
Registrato in presa diretta è un album decisamente coinvolgente. Bastano le prime note di "Tell the bitch to go home" per capire che, malgrado tutti i se e tutti i ma, i Faust sono ancora vivi. Impossibile non farsi trascinare da questo riff sudicio con la batteria sempre riconoscibilissima di Zappi nel suo incedere volutamente macchinoso. Altresì facile farsi suggestionare dalla ballata psichedelica "Herbststimmug". Come loro solito, i Faust alternano a pezzi strutturati brani di pura improvvisazione in cui da sempre sono maestri. Con brani come "Pythagoras", "Dampfauslass" e soprattutto l'epica titletracks "Something Dirty", pur abusando di qualche stereotipo, anche questa volta superano l'esame con voti più che buoni. Quando si improvvisa è sempre la teutonica batteria di Zappi a dirigere gelide sonorità industriali senza anima. Pronto a percuotere qualsiasi cosa gli passi tra le mani, trascina dietro se ogni sorta di detrito sonoro.
Tirando le somme, “Something Dirty” è un album un po' ruffiano, manca certamente l'irriverenza dadaistica degli album più celebrati e, ahimè, i Faust questa volta tendono a prendersi un po' troppo sul serio. Malgrado tutto i Faust sono sempre i Faust! Sempre tra i numeri uno del genere e, anche questa volta la premiata ditta Diermaier/Peron pone l'inconfondibile marchio di fabbrica sull'album!


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Francesco Inglima

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