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FUNIN Unsound Karisma Records 2011 NOR

I Funin, band norvegese formata da ben sette elementi, giunge all’interessante esordio discografico con “Unsound”, uscito alla fine del 2011. Diciamo subito che si tratta di un lavoro non facile da inquadrare, che presenta varie sfaccettature e che tale caratteristica da un lato ci indica un gruppo “anomalo”, capace di muoversi in più direzioni in maniera credibile, dall’altro fa sì che il cd debba essere ascoltato diverse volte e con molta attenzione per essere assimilato e compreso per bene. Come delineare, quindi, in una recensione la musica dei Funin? Direi di partire dalla strumentazione, capace di accostare chitarre rock, suoni elettronici, timbri classici di archi e flauto, voce maschile e femminile. Inevitabile, poi, prendere alcuni artisti che possono essere visti come punti di riferimento per il gruppo e allora citerei i vari Paatos, Landberk, Bjork, Kari Rueslatten, Sigur Ros, tanto per rimanere in territori nordici, ma potremmo anche ricordare Curved Air, Radiohead, i giapponesi Cibo Matto e artisti dell’area canterburiana. Già i nomi citati possono far intuire che “Unsound” presenta un lavoro in cui si punta molto sulla contaminazione ed infatti pop, prog sinfonico, acid-folk, jazz-rock ed elettronica sono ben presenti e si mescolano continuamente durante i vari brani. I Funin, infatti, amalgamano e alternano queste loro influenze e presentano dieci tracce per cinquanta minuti di musica lunatica, imprevedibile, a tratti un po’ algida, ma affascinante anche per questo. L’attacco della title-track, in realtà, non fa ben capire a cosa andremo incontro, con quei ritmi ossessivi, l’elettronica, suoni strambi e voce distorta. Ma non lasciatevi ingannare da un avvio così, che disorienterebbe chiunque: già con il secondo brano “Everything” le cose volgono verso altri sentieri e ci troviamo di fronte un pop-prog raffinato, dalle melodie vocali abbastanza dirette, ma che pure concede soluzioni non proprio usuali come il costante apporto degli archi. Con “Wonderland” si possono notare maggiormente gli accostamenti ai Paatos, con suoni avvolgenti, ritmi compassati e dal vago sapore jazz e una malinconia di fondo contagiante. A questo punto il disco è decollato; la maggior parte degli ingredienti è stata utilizzata ed il sapore si sente in pieno. Dalla quarta traccia “Tornado” la contaminazione si fa totale e si susseguono una serie di composizioni che grazie ad una serie di riascolti diventano trascinanti. In alcune si punta effettivamente su combinazioni e miscele sonore particolari, facendo convergere in un’unica direzione sound elettronico, elettrico e acustico; in altre emergono nuove somiglianze con i Paatos della svolta “Kallocain”. Ancora buone nuove, quindi, dalle lande scandinave! E sarà sicuramente interessante seguire gli sviluppi dell’attività di questa band.


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Peppe Di Spirito

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