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FATAL FUSION The ancient tale Karisma Records 2013 NOR

Dopo l'esordio di “Land of the sun” del 2010 riecco i norvegesi Fatal Fusion con il nuovo “The ancient tale” suddiviso in 5 lunghe ed articolate composizioni. Deep Purple, Uriah Heep e lo hard rock più keyboards-oriented degli anni '70, un pizzico di psichedelia, i classici prog (anche italiani, Orme in primis) sempre dei Seventies, questa è la semplice ma gustosa ricetta della band scandinava. Si sprecano, dunque, le sonorità vintage offerte dal Mellotron, dallo Hammond, dalla chitarra elettrica spesso acida, dalla ritmica possente e fantasiosa. Anche la voce “roca” di Knut Erik Grøntvedt è perfetta per l'attitudine del gruppo. Una chitarra sferzante e copiose note di Hammond aprono i 18 minuti di “City of Zerich”, seguita da una parte acustica (memore delle Orme e dei Rare Bird) in cui ben si incastona il cantato di Grøntvedt. L'alternanza fra parti elettriche e sinfoniche (e a tratti pure oscure) e momenti più d'atmosfera sono il fil rouge di questo splendido brano di apertura. Certo non ci sono alchimie eclatanti, ma se amate certe sonorità “datate” troverete di che trastullarvi. Ritmo corposo anche per “Halls of Amenti”, Moog ed Hammond onnipresenti ed atmosfere dei (bei) tempi andati (almeno dal punto di vista musicale...). “The divine comedy” è una lunga cavalcata hard rock, un poco autoreferenziale e “tirata” per le lunghe, tuttavia presenta dei momenti coinvolgenti (il lungo “solo” di Erlend Engebretsen allo Hammond per fare un esempio). “Tears I've cried”, anche se non manca di incastri complessi e piacevoli soluzioni acustiche, risulta nel complesso un episodio interlocutorio, se non minore, dell'album. Ben diverso il peso specifico della title track, suddivisa in 4 movimenti, che chiude il lavoro. Epica ed enfatica soprattutto nella parte iniziale, vive di sprazzi più soft (si ascolti la seconda sezione, intitolata “Helios”), mentre “Astraeos” (il terzo segmento) ha un approccio non troppo dissimile dagli Eloy di “Ocean”. Un bel sentire quindi. E se a scuola ci dicevano che il “bigino” non era utile per superare brillantemente una prova, ebbene i Fatal Fusion fanno loro la versione bigino-prog e superano, se non a pieni voti, in modo soddisfacente lo scoglio del secondo album. Nell'attesa di un terzo full length (sperando che la band “studi” su un tomo più personale) accontentiamoci di questo “The ancient tale” che non ci ha certo deluso. Band da tenere d'occhio per ulteriori positivi sviluppi.


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Valentino Butti

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