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FREDDE GREDDE Brighter skies Glass Ville Records 2014 SVE

Secondo album per Fredrik Larsson alias Fredde Gredde (Fredrik Panna montata, questo, più o meno, il significato) che segue “Thirteen eight” del 2011. “Brighter skies”, il titolo del nuovo lavoro, è interamente suonato e cantato dal giovane artista svedese con le sole eccezioni della batteria di Louis Abramson e del flauto, “cameo” in un brano, di Zuzana Vanekovà. Il talento di Fredrik è cristallino e ben evidenziato da queste 7 nuove composizioni. La frizzante “Welcome to the bright skies” ci rimanda subito alla mente i Moon Safari per la facilità e felicità melodica e i notevoli intermezzi strumentali.“The autotelic self” ha degli accenti metal non indifferenti ma non lesina passaggi d'atmosfera più ricercata. Notevole e talvolta debordante il suono delle tastiere, ottimo il lavoro di Abramson alla batteria per le articolate costruzioni ritmiche. Fredrik rinfodera poi la sciabola e cesella di fioretto un bel bozzetto prevalentemente acustico e dal nitore quasi rinascimentale, “Your life”.Più ordinaria “This fragile existence” nonostante i piacevoli cori e i rimandi che potrete facilmente individuare nei Queen, negli Yes, nel new prog più tradizionale ed in qualche ritmica “metal” un poco stereotipata . Ma l'impressione è che tali “difetti” possano far parte di un processo di maturazione ancora in atto. Si torna a veleggiare piacevolmente con “The tower”, sottilmente genesisiana anche per via di un pregevole contributo del flauto, con arpeggi acustici di valore, belle cesellature di tastiere. Gran bel pezzo. “Shining” ci accompagna verso un prog melodico, immediato, ma altresì raffinato, di facile appeal ma non banale. L'episodio più ambizioso, la suite “Ocean mind” è lasciata in coda. Non di rado cartina di tornasole per saggiare qualità, eccessi e difetti di un album, il brano è la summa sonora di Fredrik, un melting pot che racchiude ragionevolmente le inevitabili influenze dell'autore. Ecco, dunque, la soffusa overture strumentale, l'incalzante crescendo ritmico, le spigliate tastiere, qualche sprazzo di chitarra elettrica che va poi a fondersi con quella acustica e con il mandolino ed, ancora, l'espressivo cantato ma anche qualche lungaggine di troppo (perché negarlo...). Tante idee, quindi (anche troppe) che talvolta vengono gestite a fatica soprattutto nella suite che risente della mancanza di un refrain vincente. Nel complesso però Larsson si destreggia bene in questa seconda prova solista e confeziona un album soddisfacente e di piacevole ascolto. Promosso quindi, magari non a voti pieni ma...



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Valentino Butti

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