Home
 
FIBONACCI SEQUENCE Cinema finis Fibonacci Music Ltd. 2017 USA

Secondo full-length (oltre ad un paio di singoli apripista dei rispettivi album) per il quartetto strumentale di Milwaukee, che cambia il bassista Chris Kringel con Chad Novell, il quale forse non è appariscente come il predecessore, ma denota comunque un’ottima tecnica. Non potrebbe essere altrimenti, visto che lo stile ancora una volta guarda al prog-metal strumentale vicino ai Liquid Tension Experiment. Ad onor del vero, quest’ultimi avevano spesso come riferimento stilistico Steve Morse – soprattutto nel primo album –, fattore che unito ad una maggiore propensione verso i seventies dava alle composizioni maggior brio, creatività e divertimento. Non si può certo parlar male del gruppo di Michael Butzen (chitarre) e Jeffrey Schuelke (tastiere), che assieme al batterista Tom Ford confermano tutta la loro perizia, ma tale bravura spesso risulta un po’ troppo impersonale e legata a degli stilemi eccessivamente metal. Sembrano anche leggermente diminuiti gli spunti fusion, accentuando ulteriormente – come detto – la parte heavy. I pezzi sono come al solito molto lunghi, stavolta inseriti in una specie di sequenza cinematografica, ma il minutaggio si rivela troppo eccessivo; se le composizioni fossero state un po’ più brevi, di sicuro sarebbe venuta meno la sensazione di tour de force che si ritroveranno a vivere molti ascoltatori. “Obeath”, tanto per dire, dura sette minuti e mezzo, ma si rivela comunque più varia rispetto ad altre che si protraggono ancora più a lungo. Ci sono alcuni pezzi brevi che fanno da intermezzo, alcuni anche interessanti, come ad esempio il minuto di “Psalm Before the Storm”, con il suo sitar, ma anche “Nightshade”, che con i suoi tre minuti abbondanti risulta positivamente introspettiva.
Butzen denota come sempre un ottimo cipiglio, sia nelle varie fasi soliste che a livello ritmico, come poco prima del terzo minuto su “Repentless”, in cui ne cambia completamente l’andamento. Brani tipo “Cristopher Plan” mettono in luce il drumming complicato e sempre preciso di Ford, molto in stile Drean Theater e non bisogna certo dimenticare l’apporto di Schuelke, che oltre a suonare all’unisono con Butzen soprattutto nelle fasi di riempimento, con il pianoforte dà un tocco classico che va oltre gli assoli talvolta Malmsteeniani del proprio collega di gruppo. In “Deus Ex Machina”, infatti, stempera quello che era stato un ampio inizio parecchio duro, andando così ad incanalarsi in un sentiero che a brevi tratti ricorda anche i Dixie Dregs (a proposito di Steve Morse…). Ma alla fine, dopo tanto parlare di eccessiva lunghezza, ecco che il pezzo migliore risulta essere proprio il più lungo, “Incantesimo di Vistani”, che rimane avvincente e vario per buona parte dei suoi tredici minuti grazie a varie soluzioni stilistiche. Si chiude con la più tranquilla “Circumpunct”, che mostra un’impostazione finale dell’album molto simile a quella della pubblicazione precedente.
Non si sa quanti estimatori del genere in questione ci siano ancora rispetto ad una quindicina di anni fa, ma chi è ancora un aficionado qui potrà comunque trovare pane per i propri denti. Nel primo lavoro c’era forse qualche ulteriore spunto creativo; un fattore su cui la band dovrebbe riflettere, che comunque in questo caso si è avvalsa di violini e violoncelli per apportare nuova linfa. Occorrerà inventarsi qualcos’altro per il futuro, affinché non ci si dimostri ripetitivi pur possedendo un’indubbia bravura esecutiva.



Bookmark and Share

 

Michele Merenda

Collegamenti ad altre recensioni

FIBONACCI SEQUENCE Numerology 2010 

Italian
English