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FISCHER’S FLICKER Open 28 hours Lavender Katydid Music 2017 USA

Scott Fischer è americano e si sente. E’ un estimatore di Frank Zappa e si sente. Vuole divertire e si sente. Gli piacciono le melodie stuzzicanti e immediate e si sente. Al settimo album con il progetto Fischer’s Flicker questo cantante e tastierista propone dieci canzoni dalla vena allegra, che contengono solo in parte quelle soluzioni musicali di cui si parla solitamente sulle pagine dedicate al prog. Eppure, nonostante le influenze spesso abbastanza evidenti, nonostante l’indole che porta spesso l’autore verso territori pop o di alternative rock anni ’90 e nonostante una eterogeneità abbastanza marcata, siamo di fronte a cinquanta minuti ricchi di fantasia e suonati con grande maestria, merito anche dei vari musicisti di cui si contorna Fischer e dell’ampio parco strumenti che permette una buona ricchezza timbrica.
Come brano di apertura si viaggia subito forte, in pratica una partenza in quinta con “The in-betweener”, che rimanda al Frank Zappa degli anni ’80. Poi una serie di influenze variegate, ma piacevoli da ascoltare: in “You & everybody” ci sentiamo gli Smashing Pumpkins; “No more looking back” è la cover di un brano dei Kinks ed è qui suonata orientandosi verso un pop di classe un po’ à la Steely Dan; “3 6 9” sembra un curioso mix tra Echolyn, Primus e Zappa. Non siamo nemmeno a metà disco e siamo già stati travolti da una ventata forte e piacevole. E c’è tanto altro da scoprire e da ascoltare, a partire da “Spiders”, un pezzo power pop che potrebbe essere un intrigante tormentone radiofonico, se non fosse per le continue trovate strumentali che oggi non sono certo caratteristica dei successi mainstream. A seguire, il groove quasi southern rock di “Sensi-mental”, una stravaganza che avvicina blues-rock e prog sinfonico come “Smoke signals” e “Farther to the Sun”, poco più di due minuti che sembrano usciti dagli anni ’80 e che nonostante una certa originalità sembrano l’unico punto debole dell’album. C’è poi il brano più lungo e interessante del lotto, “Mother of a ship”, che, attraverso un’abbondanza di variazioni di tempo, in quasi dieci minuti fonde funk-rock, humour, bizzarria e sfizi sonori di marca zappiana e e il prog fatto di intrecci strumentali arditi (che mostrano anche un certo bagaglio tecnico dei musicisti). L’ultima traccia è “Zen”, che porta a conclusione il lavoro con una certa rilassatezza.
Vivace e vibrante, “Open 28 hours” mostra tante sfaccettature, che non rendono mai pesante l’ascolto; anzi, proprio per le caratteristiche descritte, tutto fila via in scioltezza con un senso di brio e spensieratezza che non guasta affatto.



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Peppe Di Spirito

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