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GUDARS SKYMNING Mörka vatten Blood Rock Records / Black Widow 2011 SVE

Per la serie “viva gli sporchi, rozzi, trucidi anni ‘70” ecco a voi i Gudars Skymning, ennesima band svedese che si cimenta con lo hard rock a tinte prog, genere che, vista l’alta concentrazione di gruppi, sembra proprio andar di moda nella penisola scandinava. Classico gruppo che sembrerebbe uscito dalla scuderia Transubstans ma che in realtà deve la propria prima uscita ufficiale (hanno realizzato in passato anche un cd autoprodotto) ad una label italiana, la genovese Blood Rock Records (sottoetichetta della Black Widow) che ha creduto in questi quattro ragazzi svedesi.
Come tutti i gruppi che si cimentano in questo tipo di sonorità, i Gudars Skymning non inventano nulla, non pretendono di inventare nulla, riuscendo a presentare un disco godibilissimo, che si gusta tutto di un fiato. Il blues a tinte hard è il collante di tutto il lavoro quindi se vi piacciono Mountain, Blue Cheer, Cream, Hendrix o, se preferiamo fare i fighi citando i loro connazionali Abramis Brama, questo disco fa per voi. L’apertura di chitarra con il bottleneck in “Jag är En Trollkarl” dà subito un’idea precisa delle sonorità che andremo a trovare nei tre quarti d’ora di durata di questo dischetto d’alluminio. Il wha-wha sparato all’inizio di “Källar Tony” con il suo riff accattivante sarà una gioia per gli appassionati hard rock. Gli amanti del buon vecchio prog sinfonico si rallegreranno di sentire “Aldrig Har Jag Vetat”diventare una più familiare “Starship Trooper” di yessiana memoria. Chi negli anni novanta era impazzito per “Sonic Temple” dei Cult sorriderà ascoltando “Fri” brano che ricorda proprio tanto il lavoro di Ian Astbury e compagni. Gli amanti della musica folk svedese forse riconosceranno cose a loro familiari nel riff di un brano come “Hyfs Och Fason”.I sostenitori delle cover band avranno il piacere di ascoltare, oltre il sopracitato omaggio agli yes, una ottima riproposizione di “Never in my life” dei Mountain. C’è tutto per tutti come dovrebbe essere per un buon disco rock che ha solo la pretesa di divertire e di far divertire.
Il cantato in lingua svedese non deve spaventare perché non appesantisce per nulla il livello dei brani.
Sarà che alla fine la base è sempre la stessa per tutti, sarà che alla fine tutta la musica che ci piace trae le proprie origini da questi quattro accordi in croce riprodotti nelle più svariate salse, sarà che alla fine chi suona in questo di modo è molto umile e riconosce i propri limiti, trovare un disco veramente brutto e deludente che suona con queste caratteristiche è veramente difficile.


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Antonio Piacentini

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