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GARDEN MUSIC PROJECT Inspired by Syd Barrett’s artwork A R Garden Records/ Gonzo Multimedia 2014 ARG

Tra le grandi icone del rock Syd Barrett è sicuramente una di quelle dalla storia più affascinante. Autore di poche, ma assolutamente fondamentali, pagine musicali, dapprima con i Pink Floyd e poi da solista, Barrett ha rappresentato una delle figure più eccentriche di un periodo straordinario e irripetibile, al punto che la mitologia del suo personaggio, oltre ad arricchirsi degli aneddoti più disparati, non è mai venuta meno nemmeno dopo il suo ritiro dalle scene. Innumerevoli sono gli artisti che si sono ispirati a lui nel loro lavoro e, come dimostra anche il Garden Music Project, ancora oggi musicisti emergenti non nascondono l’influenza che il “Diamante Pazzo” esercita verso di loro. Il titolo del cd, inoltre, è fortemente indicativo e nell’arco di un percorso sonoro di circa quarantotto minuti, suddivisi in dodici tracce, c’è un vero e proprio tributo all’arte barrettiana. Tributo che si dispiega sia attraverso sonorità psichedeliche chiaramente debitrici dell’esordio e dei primi singoli dei Pink Floyd, sia dichiarando apertamente che la fonte di ispirazione principale deriva dai dipinti dello stesso Barrett. L’album è stato pubblicato in occasione dell’ottavo anniversario della sua morte ed è nato grazie all’iniziativa di Adriana Rubio, musicista argentina affetta da sinestesia. Questo raro fenomeno comporta che una stimolazione di uno dei sensi faccia scattare, contemporaneamente, un altro senso (ad esempio, l’ascolto di una nota musicale, può scatenare un effetto visivo). La Rubio, sfruttando le sue percezioni, ha composto i brani presenti in questo disco e si è avvalsa della collaborazione di Fabrizio Gamba alle tastiere e ai sintetizzatori, di Alexander Ditzend alla chitarra e alla voce, di Stefan Ditzend al basso e al sassofono e di Nicolas Saganias alla batteria e alle percussioni. I dodici pezzi, come già accennato, raccolgono sicuramente l’eredità sia di “The piper at the gates of dawn”, sia degli album solisti di Barrett, con nenie stravaganti, chitarre acide e ritmi capricciosi, tra ballate lunatiche e sferzate elettriche stridenti e spacey. Quel rock eccentrico, imperfetto e inimitabile, nato da un genio folle che amava sperimentare in ogni modo oltre quarant’anni fa, diventa oggi spunto derivativo per questi bravi musicisti argentini, capaci di indirizzare il tutto verso una psichedelia moderna, sufficientemente bizzarra, ma con un fascino forte e che sa di antico. L’eco di “Arnold Layne”, “See Emily play”, “Matilda mother”, “The madcap laughs” è avvertibile continuamente durante l’ascolto del disco, anche se di tanto in tanto esce qualcosa di un po’ più particolare, come i profumi di oriente in “Coliseum”, che il sax sposta quasi verso il jazz, o come “Tour bus”, che ha un che di post-rock. Sorprende, inoltre, il tocco più gilmouriano di “Bridge”, che fa quasi il verso ad “Animals”. Non originalissimo, l’album del Garden Music Project sembra comunque un tributo sincero, preparato ed eseguito innanzitutto con il cuore e merita le attenzioni di chi ancora oggi si incanta e si commuove con le visioni sonore e con la storia dell’indimenticabile Roger Keith Barrett, meglio noto come Syd.


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Peppe Di Spirito

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