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GEPETTO From heaven to the stars… autoprod./Musea Records 2016 FRA

Di nomi strani e particolari siamo ormai abituati a trattare, parlando di Progressive Rock, e quindi questi Gepetto non riescono a strappare più di un sorriso divertito. Si consideri comunque che questo monicker è stato scelto da George Pinilla, storico fondatore del negozio Shop33 di Bordeaux, uno dei primi al mondo specializzato in Prog, e che adesso continua la sua attività unicamente online, per il proprio progetto musicale personale. Non stiamo parlando di una vera e propria band infatti; il buon George si è avvalso di alcuni ospiti per questo album ma chitarre, tastiere e parte del cantato sono suo appannaggio.
La passione progressiva di George evidentemente si colloca sul versante melodico e new Prog, dato che le 6 lunghe tracce di quest’album (7 minuti e mezzo la durata minima) ci parlano il linguaggio musicale di Marillion, Pendragon, Mostly Autumn, PFM, ma anche con influenze esterne al genere, senza contare alcune tenui sonorità iberiche nei due brani cantati in spagnolo proprio da George.
Se devo proprio subito dire la verità, questo disco non mi ha per nulla entusiasmato; a fronte di qualche melodia accattivante, lunghe tracce neanche troppo infarcite di cambi di tempo (anzi!), progressioni talvolta interessanti, c’è da registrare più d’un momento in cui i suoni sono un po’ incerti e traballanti, specialmente la chitarra, e una stanca lungaggine che trascina svogliatamente l’attenzione dell’ascoltatore lungo i talvolta interminabili minuti delle canzoni. I cantati in genere si salvano, salvo il terribile duetto (tal Chris e non so chi altro) su “Photographs of Stars”.
Forse i brani che maggiormente riescono a prenderci sono proprio i due cantati da Pinilla (“Tu” e “Sol”), anche se sono quelli che meno si immergono nelle tipiche tematiche Prog e quando lo fanno ottengono comunque i migliori risultati. Anch’essi tuttavia non sfuggono all’appunto generale, ovvero di un’eccessiva lungaggine dei temi musicali, con un andamento pressoché uniforme per tutta la loro lunghezza su cui di volta in volta vengono inseriti un assolo di chitarra, spesso zoppicante, qualche linea di Mellotron, un arpeggio…
L’album vorrebbe essere un compendio di Prog sinfonico, cercando di unire e mescolare tutti gli ingredienti che potrebbero attrarre le preferenze di un certo pubblico, ma il risultato è decisamente insufficiente, per quanto mi riguarda.


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Alberto Nucci

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