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GRUS PARIDAE Urge for the gray rainbow (CDs) autoprod. 2020 FIN

Da quello che si poteva leggere qua e là, pareva che ad ogni uscita di un nuovo singolo dei Grus Paridae ci dovesse essere materiale per poter mettere assieme un album intero, se non addirittura due. Resta il fatto che, ad oggi, questo è il quarto singolo a partire dal 2014 immesso sul mercato e di un full-length non se ne vede l’ombra. Il duo di polistrumentisti Petteri Kurki e Rami Turtiainen (entrambi dediti a chitarra, basso, sintetizzatori, percussioni, batteria e voce) ha anche un progetto parallelo a nome PRP, che nel 2017 ha dato alle stampe “Rubber sun”, con atmosfere molto concitate e alternative, presentando però intermezzi strumentali chitarristici davvero intensi. Quante tracce? Manco a dirlo: due!
E intanto esce questo “Urge for…” assieme al fido Jarno Koivunen (violino, piano, chitarre aggiuntive), che completa il terzetto dei Grus Paridae. Una sola composizione di quasi sei minuti, che richiama i Genesis soprattutto nelle parti cantate. È un pezzo reso valido grazie proprio al violino di Koirvunen, in apertura e soprattutto durante la coda finale, in cui viene seguito a ruota prima dai sintetizzatori e quindi dalla chitarra elettrica, che suona molto acuta. Per poi far cessare tutto all’improvviso, con un voluto senso di irrisolta sospensione. Sui testi, non vi è alcuna indicazione al riguardo.
Per quanto ci si sforzi, non è oggettivamente possibile dare ulteriori spiegazioni e quindi riempire spazio. Con un unico brano, in cui peraltro non accade chissà cosa, non c’è poi molto da dire. Di sicuro il singolo è prodotto molto bene e si guarda a quel tipo di musica prog che veniva filtrato e modificato negli anni ’80 (sì, continuava ad esistere anche allora, che nessuno gridi cortesemente al falso storico), preferibilmente con nuovi sintetizzatori e ammantandola di una spessa coltre dark. La malinconia, così, diventava sinonimo di emozione per eccellenza. Sappiamo poi come andò a finire, soprattutto socialmente.
I nostri ci tengono a sottolineare i numerosi passaggi radiofonici dei loro (pochi) brani. Fanno anche bene, perché comunque si tratta di ascolti piacevoli, che sicuramente accrescono il valore di quanto usualmente venga ascoltato dal grande pubblico via etere.



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Michele Merenda

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