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HOMER Grown in USA United Recording Artist 1970 (Akarma Records 2002) USA

Il successo commerciale di grandi bands come Pavlov's Dog o Kansas, avvenuto intorno alla metà degli anni settanta, è stato con buone probabilità la conseguenza della sotterranea e paziente attività dei tanti gruppi misconosciuti nati attorno la fine degli anni sessanta-primi anni settanta, dediti ad un suono romantico ed epico che idealmente si avvicina alla scena progressive-sinfonica britannica. I texani Homer, come molte altre piccole bands del periodo, piuttosto che affidarsi alle tentazioni nostalgiche country-rock'n'roll-blues dei grandi sopravvissuti della rivoluzione psichedelica, volgevano il loro sguardo in avanti, verso nuove ed inedite possibilità creative. La bellezza ed il fascino di un disco come Grown In USA, l'unico lp inciso dagli Homer, risiede nella suggestiva idea di creare su archetipi folk-pop-country ed acidi, per intenderci alla CSNY o Grateful Dead, un'estetica musicale sinfonico decadente ispirata dall'opera prima dei King Crimson e dalle colossali fantasie dei Moody Blues... il mellotron, non a caso, è lo strumento chiave di questo disco ed è costantemente presente in ogni brano, come prezioso sfondo decorativo oppure come un elemento fondamentale per le ambizioni orchestrali del gruppo. La bravura degli Homer come musicisti, la qualità delle parti vocali (addirittura ben due cantanti, Phil Bepko e Frank Coy) e la buonissima qualità d'incisione fanno il resto. Basterebbe solo l'iniziale, travolgente, cavalcata spacedelica di "Circles In The North", fra i momenti più belli del rock progressivo a stelle e strisce, per rendere indimenticabile Grown In USA; mi piace però ricordare anche la spiritata irruenza hard rock di "Survivor", deliziose ballate rurali come "Taking Me Home" e "Dawson Creek", le gotiche angosce sentimentali di "Four Days And Nights Without You" oppure le coralità avvolgenti di "In The Beginning". In tutta sincerità, Grown In USA è davvero un disco da non lasciarsi scappare, quindi... buon ascolto!

 

Giovanni Carta

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