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HELLEBORE Il y a des jours Ayaa 1985 (Musea-Gazul 2000) FRA

Descrivere un tipo di musica derivata da un fenomeno artistico così complesso ed articolato come il r.i.o. non è mai un'impresa semplice, specialmente se prendiamo in esame i titoli più nascosti e misteriosi della storia del rock, come è il caso di "Il y a des Jours", l'unica opera completa lasciataci dai francesi Hellebore, pubblicata nel 1985 in sole 1007 copie da una label ormai mitica come la Ayaa. Registrato nell'arco di una ventina di giorni fra il dicembre 1983 ed il gennaio 1984 su uno spartano quattro piste, "Il y a des Jours" è fra i dischi più gelidi e sottilmente disturbanti che siano mai usciti dal sottobosco musicale francese, un'opera dalla stranezza direi agghiacciante, in bilico fra l'avanguardia contemporanea e suggestioni pop-surreal-fantascientifiche tipicamente transalpine. Gli Hellebore sono una formazione di cinque musicisti: Jean Cael al basso, Alain Casari ai fiati, Antoine Gindt alla chitarra, Daniel Koskowitz alla batteria e Denis Tagu alle tastiere, la composizione dei brani è invece suddivisa fra Cael (autore dei due brani più lunghi), Koskowitz e Gindt. Per dare un'idea più o meno vaga sulla musica di "Il y a des Jours", a parte i classici riferimenti agli Henry Cow, posso suggerirvi di immaginare gli Etron Fou del periodo circa "Les Poumons Gonfles" privati della loro devastante energia e trasformati in un ensemble da camera in stato sonnambolico, pensate ad uno utilizzo sporadico di una rudimentale drum-machine, insieme ad alcune aperture strumentali dal sapore cosmico-psichedelico; senza alcun utilizzo di parti cantate, a parte qualche grottesco e demenziale vocalizzo sparso tra i brani, "Il y a des Jours" in alcuni punti può curiosamente ricordare per affinità d'intenti "Journey" dei Kingdom Come (nelle sue parti più astratte come "Triangles"). Autori di un groviglio di suoni e sensazioni che va totalmente al di fuori da qualsiasi luogo comune sul genere proposto, gli Hellebore con un solo disco sono riusciti ad esprimere quello che decine di autori ed artisti non riuscirebbero mai a compiere nell'arco di un'intera vita. E' da infine da notare come nell'ottima ristampa Musea siano inserite tre eccellenti bonus track incise più o meno nello stesso periodo di "Il y a des Jours", tre brani originariamente inclusi in diverse raccolte ormai introvabili che mostrano altri interessanti aspetti dell'arte degli Hellebore.

 

Giovanni Carta

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