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HOT FUR Hot fur 1998 (Musea 2005) ISR

Una delle paroline magiche del progressive è certamente contaminazione. La contaminazione di diversi suoni, stili, culture può essere il fulcro attorno al quale ruotano progetti interessanti. E la contaminazione sembra essere il punto di forza degli Hot Fur, band israeliana capitanata dal chitarrista Lior Frenkel che ha debuttato nel 1998 con un omonimo lavoro di recente ristampato dalla Musea. Questo musicista, attorniato da altri nove collaboratori, ha creato un prodotto molto curioso, in cui ci si può trovare davvero di tutto. Le dodici composizioni che vanno a formarlo, infatti, contengono le influenze più disparate: c'è un che di esotico, proveniente senza dubbio dalla terra del gruppo, ma si possono ascoltare anche note dalle quali traspare l'influenza di Fripp e dei King Crimson, incontri di sonorità elettroacustiche che possono rimandare allo Zappa delle Mothers, sviluppi jazz-rock di natura davisiana, sperimentazioni dai soffici toni canterburiani, anche qualche spunto elettronico qua e là... Un calderone niente male, in cui spesso è la chitarra del leader in primo piano, ma in cui sanno crearsi spazio anche fiati e tastiere. I musicisti, inoltre, sono molto bravi a non cadere nel già sentito o nel troppo ostico, si propongono con la giusta ironia ed offrono anche spunti melodici accattivanti, specie per le parti vocali. Imprevedibili, gli Hot Fur ci fanno ascoltare una proposta in cui nulla è scontato, sia nell'affrontare brani molto differenti tra di loro (per struttura e minutaggio), sia nella libertà espressiva di ogni composizione. Non lo definirei certo un album da non lasciarsi sfuggire per nulla al mondo, anche perché, a tratti, può sembrare troppo dispersivo con mancanza di omogeneità, ma in fin dei conti non si può negare che i settantadue minuti di questo dischetto siano strapieni di buona musica da provare ad ascoltare.

 

Peppe Di Spirito

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