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HOKR Hokrova vila autoprod. 2004 CZE

La storia di questo gruppo ci fa riflettere sull'enorme quantità di materiale musicale proveniente dall'Europa dell'est andato irrimediabilmente perso a causa dell'azione di censura delle autorità comuniste. In qualche caso fortunato queste atmosfere, ormai completamente dissolte, si vengono come per magia a ricreare e possiamo finalmente avere un'idea dei tantissimi gruppi underground che vivevano in clandestinità, facendo circolare, nel migliore dei casi, dei nastri artigianali presso una cerchia ristretta di amici.
Gli Hokr hanno deciso di tornare assieme per incidere le vecchie composizioni di vent'anni prima che non avevano mai visto la luce, cercando di ricreare il più fedelmente possibile il sound e lo spirito che queste avevano ai tempi in cui venivano suonate nella loro cantina. Il risultato è "Hokrova vila", un disco autoprodotto e venduto praticamente solo tramite il batterista, emigrato da anni in America: un album nuovo dal fascino antico, quindi.

Vale la pena spendere due parole sulla biografia della band che nasce nel 1979 prendendo il nome da un luogo un po' strano nelle adiacenze delle abitazioni dei musicisti. La prima formazione del gruppo era a tre, con batteria, basso e tastiere, suonati rispettivamente da Petr e Pavel Čermak e da Vit Novak-Rosnecky. Di lì a poco l'inserimento di un nuovo bassista (Petr Hadzi Hrkal) portò allo sdoppiamento della band, che si divise in due formazioni (denominate Hokr I e Hokr II) che differivano soltanto per i due bassisti, mentre continuavano ad avere in comune gli altri musicisti! Gli Hokr I rimasero un gruppo strumentale, al quale si vennero poi ad aggiungere anche un violinista ed un violoncellista, che si dedicava a musica più complessa; gli Hokr II invece inserirono ben presto un cantante nella loro formazione, nella persona di Vladimir Liška, dalla tecnica sicuramente non convenzionale, dato che le liriche venivano spesso recitate, declamate o addirittura urlate. Nel 1983, con l'abbandono del bassista originale e con l'arrivo di un sassofonista a rimpiazzare il violoncello, di fatto le due band si riuniscono di nuovo, portando tuttavia in eredità ognuna il proprio stile. Dopo il 1986, anno in cui Petr Čermak lasciò il gruppo per emigrare negli Stati Uniti, gli Hokr continuarono a vivacchiare per qualche anno, riuscendo anche a pubblicare un LP, dopo la caduta del comunismo, anche se si tratta di una produzione approssimativa. Nei sei anni principali di attività, il gruppo riuscì a suonare dal vivo in una quindicina di occasioni, in pub o piccoli club, sempre per amici e amici di amici preventivamente invitati.

In pratica "Hokrova vila" contiene le registrazioni (effettuate nel 2003/2004 dai membri originari della band, con il supporto di una serie di ospiti al violoncello, sax e chitarra) delle canzoni che il gruppo era solito suonare fra il 1979 e il 1985. Si tratta di una collezione di 12 tracce, delle quali quattro sono strumentali ed il resto cantate. Proprio la voce di Vladimir Liška rappresenta un aspetto fortemente caratterizzante della musica degli Hokr. Vladimir, che spesso urla, declama e recita, ha un timbro davvero luciferino: la sua voce è profonda, baritonale e cavernosa e sembra fuoriuscire dagli oscuri e sulfurei budelli degli inferi, fino a risuonare profondamente dentro le viscere di chi l'ascolta. Ovviamente il cantato è in ceco, ma non importa, le linee vocali, anche se incomprensibili, sono trascinanti e suonano come delle strane maledizioni alle orecchie di chi non ne può cogliere il significato, con il loro fascino malvagio e seducente. Anche la musica è decisamente oscura con atmosfere pesanti e gotiche, create soprattutto grazie ad un organo maestoso e lugubre. L'uso del violoncello contribuisce a creare atmosfere torve e spettrali che fanno somigliare certe canzoni a qualcosa di una moderna band doom. La struttura delle composizioni si basa soprattutto su riff cadenzati di organo che spesso si intrecciano ad un violoncello stregato, con uno sviluppo dei brani che non vede grosse accelerazioni. "Blud č. 64" va segnalata per le sue progressioni lente e funeree, con tanto di rintocchi sui piatti che fanno pensare a campane che suonano per un requiem. La voce che sembra quasi imprecare fa tutto il resto: sembra quasi un pezzo degli Jacula. Ma questo disco non è tutto un funerale o un libro dell'orrore, in tal senso mi piace segnalare la divertente "Na dvoře" che si apre con le voci dei musicisti che imitano dei polli e si sviluppa in un brano un po' alla Talking Heads che ha dei ritmi saltellanti, con incursioni buffe del sax, che fanno venire in mente dei grossi polli che razzolano nell'aia. La performance vocale di Vladimir è meravigliosa nel suo rincorrere i ritmi dissestati del pezzo e nella sua schizzata imitazione avicola. In generale i riferimenti che possono venire in mente durante l'ascolto dell'album sono quelli ai VdGG, anche se si tratta di un mood che si percepisce diffusamente e non di riferimenti precisi. Un album sicuramente bello ma anche decisamente particolare e diverso da tutto quello che finora siamo stati abituati a sentire dalla ex Cecoslovacchia.

 

Jessica Attene & Alberto Nucci

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