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LUC HENRION Galerie LMG 1977 (Mellow Records 2013) BEL

Era un po’ che la Mellow Records non piazzava il colpo del gran ripescaggio dal passato. Ogni tanto viene il dubbio che non ci sia più niente da scoprire, che ormai sia stato ristampato tutto il meglio che la scena prog, in oltre quarant’anni, ha visto pubblicato. Poi puntualmente ti ritrovi ad ascoltare la perla che non ti aspetti.
Forse solo in pochi conoscevano questo disco di Luc Henrion, compositore e musicista belga, che, abbagliato dal progressive rock degli anni ’70 e letteralmente folgorato da “Tubular bells” di Mike Oldfield e dalla possibilità, quindi, di realizzare un LP in perfetta solitudine, comincia a progettare un album tutto suo. Henrion “nasce” come pianista, ma per riuscire a realizzare il suo disco compra anche una chitarra elettrica e prende come esempi le esperienze di Emerson, Lake & Palmer, del citato Oldfield e di Klaus Schulze. Da solo in uno studio (coadiuvato solo da Dan Lacksman, autore della registrazione e del mixaggio) il musicista incide in un solo giorno “Galerie”, suonando tutti gli strumenti. Ma che tipo di album è “Galerie”? Partiamo col dire che sicuramente c’è un forte legame con la musica classica alla base del lavoro di Henrion e molti dei brani presenti sono imperniati molto sul lavoro del pianoforte. Il concept di base, inoltre, similmente ai “Quadri a un’esposizione” di Mussorgskij (resi celebri poi nel prog proprio da Emerson, Lake & Palmer) è incentrato su una visita ad un museo, le cui opere d’arte (anche se i titoli fanno riferimento ad uno stile o ad un movimento artistico) sono descritte da un brano musicale. A questi, si aggiungono una “Ouverture” e altri due pezzi intitolati “N’oubliez pas le guide, s.v.p.” (“Non dimenticate la guida, per favore”, uno per sola chitarra ed uno per solo clavicembalo). Nella prima traccia “Ouverture” ci ritroviamo subito di fronte note classiche di pianoforte, ma nel finale la chitarra elettrica si inserisce spingendo su un rock d’avanguardia. Quest’apertura fa subito capire le coordinate su cui si muoverà il lavoro, sempre in bilico tra riferimenti classicheggianti, prog rock di matrice oldfieldiana e musica elettronica. Le sovraincisioni di piano e di altri strumenti creano questi incastri stilistici particolari, con un minimalismo romantico ed una sorta di aura “colta” che pervade l’intero disco. Un’opera quindi “diversa”, pur con le influenze citate, semplice nella realizzazione, ma allo stesso tempo ambiziosa, ispirata e piena di felicissime intuizioni. In “Portrait”, “Estampe japonaise” e “Tableau”, ad esempio, oltre al piano (e a volte all’organo), troviamo anche il clavicembalo, che arricchisce il sound di elementi barocchi. In due occasioni, “Coda” e “Dyptique” è solo il pianoforte ad essere presente. Ci sono poi il minuto di “Gouache”, con chitarre sovraincise, sporche e un po’ distorte, uniche protagoniste, e “Pastel”, due minuti di organo. I brani più complessi si trovano all’inizio di quello che era il lato B dell’LP e sono intitolati “Cubisme” e “Old Alschumie” (il cui titolo nasce dai nomi dei musicisti che lo ispirano: Mike Oldfield, Terje Rypdal e Klasu Schulze) e sono legati senza soluzione di continuità. Con una maggiore ricchezza timbrica, derivante dall’uso in contemporanea di diversi strumenti (“Old Alschumie” è l’unico pezzo, tra l’altro, in cui è presente la batteria), presentano sfumature particolari, avvicinandosi, così, maggiormente all’avanguardia il primo e al progressive rock il secondo.
Nella ristampa in CD, oltre all’album originale sono presenti diverse bonus tracks interessantissime. Ci sono innanzitutto quattro improvvisazioni di pianoforte registrate il giorno dopo l’incisione di “Galerie”. Poi altre otto tracce derivanti da un nastro che conteneva quello che sarebbe dovuto diventare parte del secondo lavoro di Henrion (intitolato “Second premier double”) e qui, con una maggiore varietà timbrica e chitarra elettrica spesso in primo piano, è ancora Oldfield il punto di riferimento principale (al quale si aggiungono qualche divagazione vagamente canterburiana, qualche momento che ricorda lo svedese Bo Hansson e slanci cosmici sulla scia dei Tangerine Dream). Interessantissima e consigliata riscoperta!


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Peppe Di Spirito

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