Home
 
PAUL HAYWORTH Ultra violet autoprod. 2013 UK

Reduce dall’esperienza pop-mod rock austriaca dei Freud con un disco “Be Most Beautiful” uscito nel 2009, Paul Hayworth ha dedicato gli ultimi anni ad un’intensa e frenetica attività solista in cui si è sbizzarito ad incidere tutto quello che gli passava per la testa o quasi... Circa tredici “album” prodotti nel giro di ventiquattro mesi sono un bel risultato, anche se va detto che gran parte dei suoi brani sono principalmente rintracciabili e scaricabili su internet, il supporto fisico è dunque una sorta di optional, ennesima dimostrazione di come la rivoluzione del web abbia notevolmente contribuito, bene o male, a tagliare i costi di produzione... Aggiungiamo pure che Hayworth è un fedele seguace delle sonorità low-fi, ed abbiamo l’ennesima prova di quanto sia diventato economico, relativamente “democratico” e semplice incidere musica oggi... Le registrazioni di “Ultra Violet” però risalgono ad una ventina d’anni fa e sono state effettuate mediante un domestico registratore a quattro piste: dopo essere stato riesumato, ripulito e rimasterizzato in digitale su un 16 tracce, “Ultra Violet” ha un suono ancora piuttosto primitivo: i cultori del suono “sporco” ed underground sono serviti! E bisogna ammettere, un po’ masochisticamente, che queste registrazioni così grezze ed involute non sono affatto prive di un loro fascino... come sempre, però, la capacità di sopportazione e pazienza dell’ascoltatore è direttamente proporzionale alla qualità della musica... Per nostra fortuna Paul Hayworth, discreto chitarrista e tastierista non male, dimostra di avere la sua buona dose di talento, anche se affogato nelle mattane del low-fi più cavernoso... Hayworth ha una suona visione particolare e decisamente elastica del progressive rock, giustamente gli piace mischiare i generi e lo fa con un materiale piuttosto controverso, nel suo personale frullatore musicale mescola con dosi più o meno equilibrate l’alternative-indie rock, psichedelia in senso generico (dal folk allo space rock) ed il più classico del progressive, con ampio sfruttamento dell’elettronica, anche quella più ballabile e d’intrattenimento. Tutto molto naif e casalingo, eppure attraverso il marasma caotico dei suoi dischi (in particolare “Terrania” e “Good Love & The Dirty Plan”), possiamo trovare preziose intuizioni; per certi aspetti la carriera musicale di Hayworth ricorda quella di Johnny Unicorn e di tanti altri musicisti indipendenti e liberi, completamente slegati da vincoli discografici e pregiudizi artistici... Così, in “Ultra Violet” si percepiscono tutte le influenze della migliore scena alternative rock degli anni novanta unite ad un’evidente passione per gli Hawkwind, Robert Calvert e Steve Hillage, filtrate da un gusto melodico dai vaghi sapori new-ave... Echi di Spaceman 3-Spectrum, Sun Dial, Radiohead e Church ci accompagnano nell’ascolto di un’opera che difetta principalmente nella sua eccessiva durata: l’approssimativa qualità della registrazione ed una scrittura musicale ancora acerba rendono davvero un pò pesante l’ascolto sulla lunga durata, si fanno notare comunque un paio di brani strumentali sognanti ed oppiacei al punto giusto e pezzi discretamente efficaci come “White Sun”, “Black Hole” e “Radiation”... “Ultra Violet” possiamo dunque ascoltarlo come un interessante documento storico, dedicato specialmente ed esclusivamente ai cultori psichedelici più curiosi...


Bookmark and Share
 

Giovanni Carta

Italian
English