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HABITAT Utensilios y artilugios Lizard 2014 ARG

L'ultima pubblicazione del duo argentino Pinelli-Sambrizzi, meglio noti come Habitat, “Tratando de respirar en la furia”, aveva fornito buone impressioni nel solco della tradizione del progressive sudamericano incentrato su melodia ed ariose trame strumentali. Un album piacevole che vedeva tra i protagonisti anche un po' di Italia per la presenza della cover di “Gioco di Bimba” e per la distribuzione affidata alla Lizard Records. Dopo aver pubblicato un lavoro solista, il polistrumentista Aldo Pinelli ritorna nelle file del gruppo (sempre in compagnia del batterista Roberto Sambrizzi e di un paio di ospiti in tre dei brani presenti) per pubblicare “Utensilios y artilugios”. La debordante introduzione di organo (a cura di Elisabeth Minervini) in “Las Gárgolas” sembra promettere fuochi e fiamme sinfoniche. Promette, appunto... Il brano si adagia ben presto, languendo in modo piuttosto anonimo, non aiutato neppure dalla voce un po' monocorde di Pinelli. Non manca qualche discreto duetto chitarra/tastiere, ma le premesse parevano essere altre. Non va più in là di un pop-prog melodico, malgrado un bel “solo” dell'elettrica, la terza traccia, “Mujer-Medusa”. Appena meglio “Las runas”, sempre molto soft e delicata, che ha in uno sprazzo “hackettiano” il suo punto più luminoso. Se nulla si ha da eccepire sulle capacità tecniche del gruppo, il senso di poca ispirazione e stanchezza si avverte anche in “Tema para los campos exhaustos”. Alza un po' le quotazioni dell'album “Las masas de agua” con buoni momenti sinfonici e qualche rimando ai Genesis (“Foxtrot”). “El hombre con Navidad en sus labios” ricorda le ballate delle Orme ed è piuttosto gradevole. “Ajr” ha tutte le caratteristiche di una improvvisazione in cui prevale il drumming di Sambrizzi. Qualche buon momento sinfonico è presente anche nella title track, ma l'album in generale suona “piatto” e poco brillante. Probabilmente ci aspettavamo qualcosa di diverso e questo può inficiare il nostro giudizio ma, in tutta onestà, il lavoro non pare allontanarsi molto da una triste mediocrità. Peccato.



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Valentino Butti

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