Home
 
INFORMATION SUPERHIGHWAY This is not the ending autoprod. 2010 USA

Indefinibile, o quasi. Gli Information Superhighway hanno il pregio indiscutibile di creare musica non facilmente catalogabile, in un curioso stile ibrido dalle molteplici influenze. In casi del genere l’importanza dell’amalgama posseduto dal risultato finale dovrebbe essere determinante ma non mi sento di dare un peso eccessivo a questo fattore per giudicare “This is not the ending”, anche perché una certa omogeneità di fondo è evidente all’ascolto.
Sebbene l’autostrada a cui fanno riferimento nel proprio nome i quattro musicisti di Chicago sia quella virtuale dell’informazione, la loro musica ci proietta emotivamente in spazi aperti sconfinati, quelli collegati dalle infinite highway degli stati americani attraversanti deserti, praterie e campi coltivati che sembrano non avere mai fine. Questo perché le composizioni hanno un mood dilatato, sembrano non avere limiti, esposte al cielo in strutture aperte apparentemente prive di schemi identificabili. Echi e riverberi abbondano, a colorare suoni acustici violentati spesso dalle esplosioni elettriche della chitarra distorta ed a supportare una voce femminile dolce e sognante. Si spazia da una sorta di progressive tendente al post-rock, al jazz, all’ambient, al pop ed al folk americano, con una leggera punta acida come condimento finale. Il tutto è ben integrato nei tre brani lunghi dell’album: “Almost morning”, con la melodia che cerca di farsi strada negli arrangiamenti duri e dissonanti della chitarra, “The real things”, un volo emozionale guidato dalla voce e dal pianoforte verso un finale bruciante e “This is beginning”, con ancora la voce ed il piano (questa volta elettrico) protagonisti e la batteria ad esplorare ritmi oltre la struttura jazzata e meditativa della canzone. I restanti due brani si distaccano significativamente dal resto, finendo per assomigliare a canzoni che ricordano le ballate di Norah Jones (nella struttura e nella voce, davvero somigliante a quella della cantautrice americana) dei primi album, per intenderci quelli di classe prodotti prima della recente deriva poppettara.
Ricapitolando, “This is not the ending” mi è piaciuto abbastanza, pur non avendo pregi particolari. Ascoltarlo è piacevole, soprattutto se ci si lascia andare alla musica, senza cercare di cogliere particolari negli arrangiamenti e guizzi creativi nella composizione, perfetta per stimolare l’immaginazione.


Bookmark and Share
 

Nicola Sulas

Italian
English