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INVERTIGO InMotion Progressive Promotion Records 2019 ITA

Tornano a farsi sentire i tedeschi Invertigo che avevano inaugurato la Progressive Promotion Records nel 2010 con il loro debutto “Next stop Vertigo”. Il successivo “Veritas” è datato 2012 e ci sono voluti sette anni per dargli un seguito con questo “Inmotion”. La band si presenta in classico quintetto, con Sebastian Brennert alla voce e al piano, Carsten Dannert alla batteria, Matthias Hommel al basso, Michael Kuchenbecker alle tastiere e Kolja Maletzki alle chitarre.
Il disco è breve, dura tre quarti d’ora e contiene sei brani articolati di ampia durata, tutti oltre i sei minuti tranne uno. “Interrompu” è un ottimo incipit che mostra la maturità di un gruppo che cavalca il new-prog, non certo il filone più originale, mostrando però una buona personalità. Tra tempi composti e cambiamenti ritmici e di atmosfera si va avanti per sette minuti che sanno di IQ, con un pizzico di modernità maggiore dettata dai suoni e qualche robustezza non troppo invadente. “Listen to the smell of the pretty picture”, con i suoi dieci minuti e mezzo di durata, è la composizione più lunga e più ambiziosa del disco ed è ricca di contrasti. Si passa dall’apertura dettata dalla delicatezza di un flauto raffinato a sfuriate al limite del metal; i momenti cantati sono più melodici e sembrano dirigersi in orbita Pendragon e si inseriscono anche cori femminili; le parti di chitarra sono chiaramente Gilmour inspired, quelle di tastiere più tipicamente new-prog. Il finale è affidato ad un riff che deve più di qualcosa a quello immortale di “Sunshine of your love”. Non tutto è centrato al meglio, ma alcuni spunti sono davvero meritevoli. “Seven speaking”, la traccia con il minutaggio più contenuto è pomposa e diretta, un po’ Ayreon, un po’ Arena ed è sicuramente il momento più debole dell’album. Va meglio con “Wasting time”. Qui siamo più in orbita Spock’s Beard, quelli dei primi album, ma con una chitarra un po’ troppo ruvida tranne nella sezione centrale. “Life part I: random” è senza dubbio il top di “InMotion”, con i suoi impasti elettroacustici, le reminiscenze Yes attualizzate, gli intrecci strumentali virtuosi. Senza soluzione di continuità si arriva alla conclusione con “Life part II: metaphors”, diretto prosieguo del pezzo precedente, ma non allo stesso livello qualitativo, anche se è decisamente bella la parte finale affidata alla sola chitarra acustica.
Luci più che ombre in un lavoro che non sempre focalizzato al meglio, come spesso accade in album così preparati, con dinamiche ricercate in brani costruiti in maniera tale da essere studiati a tavolino e da sembrare perfettini e freddi. In “InMotion” però il calore si avverte anche spesso, anche se gli Invertigo si distaccano, rispetto alle precedenti prove discografiche, dalle influenze degli anni ’70 e abbracciano sonorità più moderne. Non stiamo parlando di innovatori, né di un album irrinunciabile, ma siamo di fronte ad un gruppo che sa il fatto suo e che nella cerchia del new-prog può trovare facilmente estimatori.



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Peppe Di Spirito

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