Home
 
JUNK FARM Ugly little thing Unicorn Digital 2007 GER

Decisamente particolare l’esordio di questo trio della regione della Ruhr: un po’ perché dopo un ascolto ad occhi bendati avrei giurato sulla provenienza statunitense del disco, un po’ per l’immaginario bizzarro (la copertina, i testi, le pose dei tre “mattacchioni” nel booklet…) e soprattutto per le intenzioni dichiarate: far convivere la fusion con il metal. Se quest’ultima può in effetti non risultare una novità assoluta (vedi Liquid Tension Experiment, Niacin, e molti altre entità USA) è il modo in cui viene portata a termine che può stupire, suscitando inizialmente sensazioni contrastanti per poi rendersi palese verso la metà dell’album.
Il mio approccio con questo “fusion-trio from Hell” (sic) non è dei migliori: come non restare spiazziati da un brano frenetico e spigoloso come “Eye for an eye” interpretato per di più in stile James Hetfield dal chitarrista/vocalist Benjamin Schippritt? Le cose si fanno ancora più preoccupanti con la seguente “Fools of the cliché” che a giudicare da tempo e tonalità sembra essere la seconda parte dello stesso brano ma in più aggiunge spiazzanti elementi funky. Bene, superate queste asperità posso garantire che l’ascolto avviene in discesa e con un gradimento costantemente… in ascesa, come se la band tedesca abbia voluto inserire un incipit un po’ scostante per selezionare gli ascoltatori ed allontanare quelli in cerca di soluzioni rassicuranti.
Ecco quindi che la follia compositiva si stempera in brani sempre frizzanti ma che percorrono una strada molto più viabile, spesso infarciti di armonie vocali, quasi una fusione tra gli Echolyn (non credo che il gruppo della Pennsylvania sia sconosciuto ai Junk Farm… basti ascoltare “Partymaniac” per convincersi di questo) ed un prog-metal tecnico a dire il vero un po’ freddino, fino a sfiorare un fantomatico latin-metal nella gustosa “Perfect Dream” e il divertissement in “Great guy”, una strana marcetta basata su durissimi riff metallici!
Non sono disdegnate parentesi più riflessive e melodiche (“Damaged brain” e la fusion rilassata di “www.superficial-girl.com”) o l’ortodossia prog-sinfonica, come nella strumentale “Master-sync”, ideale vetrina per la chitarra di Schippritt - assai più dotato come strumentista che come vocalist - supportata dall’organo Hammond di Berthold Fehmer che presumibilmente si occupa anche di ricreare con la sua pedaliera le parti di basso.
Per riassumere, posso definire “Ugly little thing” un album piuttosto ispirato, certamente perfettibile essendo un po’ penalizzato dalla voglia di stupire e spiazzare, a volte un po’ duro da digerire ma mai banale, apparentemente eterogeneo ma in definitiva coerente, malgrado occorra un buon numero di ascolti affinché il disegno globale sia chiaro all’ascoltatore. I seguaci delle band citate troveranno qui una più che dignitosa risposta europea ad un filone prevalentemente nordamericano.

 

Mauro Ranchicchio

Italian
English