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JACK DUPON L'echelle du desir Musea/Gazul 2008 FRA

Jack Dupon non esiste… ovvero… non c’è nessuno con un nome del genere all’interno di questo gruppo francese che tra autoproduzioni e uscite ufficiali è arrivato al terzo lavoro in studio. Jack Dupon non è una persona fisica, ma, come gruppo, è una di quelle realtà che vorremmo trovare più spesso in un panorama rock (non solo progressive) sempre più pieno di cose banali e poco degne di nota. Mettendomi nei panni di un negoziante avrei molte difficoltà a mettere in qualche scaffale questo cd, difficilmente, infatti, si trovano gruppi che mischiano influenze sonore e che hanno pochi punti di riferimento classici come questo gruppo francese. Loro stessi si definiscono come una sorta di Etron Fou Lelublan più teatrali con un suono simile (ma meno schizzato) ai compagni di etichetta Sebkha-Chott unito ai King Crimson più elettrici. Di là dalle definizioni, il primo pensiero che mi è venuto in mente ascoltando questo cd è stato che se i Primus fossero stati appassionati di musica progressive avrebbero suonato esattamente in questo modo. I quattro ragazzi francesi fanno dell’ecletticità la loro arma migliore sviluppando un concetto musicale che, anche girando intorno a idee semplici (i riff di chitarra sono alla base di questo lavoro), riesce a risultare in qualche modo sempre originale. Molte parti alla lunga possono stancare soprattutto nei brani più lunghi (il primo addirittura sui 30 minuti) costruiti più per una rappresentazione teatrale che per un ascolto fine a se stesso, ma l’aspetto ironico delle composizioni alla fine riesce a rendere più leggero il tutto. L’ironia nelle composizioni di questo gruppo è sicuramente uno dei fattori da sottolineare e che fa ritrovare, in un certo senso, affinità tra la loro proposta musicale e quella dei Samla Mammas Manna (non arrivando logicamente alle loro vette creative). Jack Dupon è un gruppo da palcoscenico più che da apparecchio stereofonico, ciò si apprezza nei video dei loro spettacoli dove i quattro francesi fanno risaltare il loro aspetto migliore, riuscendo a creare la colonna sonora ideale a quello che vogliono rappresentare sulle scene, elemento che non riesce a tutti i gruppi che si cimentano in questo tipo di allestimenti. Da segnalare anche la copertina veramente bella di questo lavoro che fa risaltare ancora di più la teatralità e il modo di porsi di questi ragazzi francesi.
Un gruppo da tenere d’occhio per il futuro.

 

Antonio Piacentini

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