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JACK DUPON Bascule à vif Musea 2012 FRA

Chi ha fatto uscire Jack Dupon dal luogo dove era rinchiuso? Il ragazzaccio sembra aver sviluppato una forza mai vista ed il palco lo galvanizza oltre ogni ragionevole limite. Si divincola, urla e si permette anche di fare lo spiritoso… strano tipo! Conoscevo già questo personaggio (che in realtà è la somma di quattro pazzi musicisti i cui nomi non corrispondono assolutamente a quello della band) dai due album in studio ma vi assicuro che vederlo dal vivo è una cosa del tutto diversa. Qui il suo carattere viene fuori tutto, senza smussature e senza compromessi. La mia conoscenza di persona con Jack l’ho fatta al R.I.O. festival di Albi nel Settembre del 2011 e devo dire che è stata come un grazioso pugno allo stomaco, alleggerito però da una buona dose di delirio Zappiano. L’umorismo e la sfrontatezza partono dall’abbigliamento davvero improponibile sfoggiato per l’occasione (pettinatura giapponese, kilt rosso e giacca militare verde smeraldo con spalline bianche per il bassista Arnaud M'Doihoma, pantaloni rossi con straccali e un cappello da aviatore sormontato da una penna da bersagliere per il chitarrista Philippe Prebet, una tunica a strisce orizzontali arancio e nera per il batterista Thomas Larsen ed un elegante completo chiaro con giacca e cravatta per il chitarrista Gregory Pozzoli) e raggiunge l’apice con la musica grezza, imponente ma incredibilmente movimentata, come se il nostro Jack avesse una camicia stretta imbottita di pulci e stesse sempre lì a cercare di scrollarsele di dosso mentre suona. L’approccio live dona alla musica di Jack una carica ancora più esplosiva ed irriverente: quella sguaiata noncuranza nello snocciolare riff e ritmi attorcigliati, un sound privo di smussature, l’istinto che prevale su qualsiasi altra logica conferiscono uno spirito primordiale e dadaista a pezzi che nella loro versione in studio appaiono decisamente più calibrati, geometrici e calcolati. Questo doppio album (venduto al prezzo di un CD) giunge al culmine di una lunga tournée di diciotto mesi passata in giro per il mondo e vuole catturare l’essenza di questa bella esperienza con tutta l’energia delle serate live, il sudore, lo spirito schizofrenico e disinibito, l’alchimia che lega i vari musicisti e li trasforma in quella canaglia di Jack che ormai conosciamo e a cui ci siamo in qualche modo affezionati. Nelle intenzioni del gruppo questo live chiude un ciclo e farà da porta di ingresso verso altre avventure che sono curiosa di scoprire. E’ stato scelto per questa occasione il concerto che si è tenuto il 22 Ottobre 2011 nella Salle Camille Claudel a Clermont Ferrand per un totale di 110 minuti di registrazione in cui viene riproposto quasi tutto l’ultimo album in studio, “Démon hardï”, (sei pezzi su sette) e parte dell’esordio “L’échelle du desir” del 2008, dal quale vengono estratti tre brani: la lunga suite di 31 minuti “La secte des mouches”, l’esilarante “La cousine” e l’irriverente “Oppression” (qui “Intropression”) con i suoi cori ossessivi e le sue ritmiche spezzettate. L’ordine dei pezzi rispecchia scrupolosamente quello della scaletta della serata, dando perfettamente l’idea di cosa sia successo quella notte. Chi a torto pensa che il francese non sia una lingua fatta per il rock e chi crede che non sia possibile suonare Progressive Rock senza tastiere dovrà ricredersi all’istante dopo aver ascoltato i folleggiamenti di Jack. Il francese in bocca a Jack è un’arma micidiale che viene utilizzata con intelligenza e creatività, sfruttando tutti i suoni e la teatralità di questa lingua per creare qualcosa di sicuro impatto. La mutabilità estrema della sezione ritmica, che rimbalza di ritmo in ritmo come la pallina impazzita di un vecchio flipper, e lo sviluppo di linee melodiche complesse da parte delle due chitarre non vi faranno assolutamente, non dico sentire la mancanza, ma addirittura pensare per un solo secondo ad ipotetiche tastiere che qui non troverebbero proprio spazio, fra Zappa, i Primus, qualche geometria math-rock, tantissima teatralità e svariati altri ingredienti che convergono in una musica viva, altamente instabile, emotiva ed irriverente. Il sound di questo album tra l’altro è molto ben definito e mette in giusto risalto le qualità della band. Se amate un album in cui suonare ed esibirsi in base agli istinti del momento prevale sulla metodica riproposizione accademica delle canzoni registrate in studio, se amate sentire sulla vostra pelle tutte le imperfezioni e le emozioni nella loro interezza che una serata dal vivo con Jack comporta, e soprattutto se siete già amici di Jack, buttatevi pure su questo disco ma tenete sempre un occhio ben aperto e vigile… non si sa mai.


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Jessica Attene

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