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JAZZ Q Živí se diví GAD Records 2013 CZE

Oltre la cortina di ferro non erano pochi i gruppi che potevano competere con quelli al di qua del muro in quanto a bravura e creativitŕ, fra quelli in grado di fare scuola c’erano sicuramente i Jazz Q che, guidati dai leader Martin Kratochvíl (tastiere) e Jiří Stivín (che perň abbandonerŕ presto il gruppo, al flauto), iniziarono la loro carriera discografica con un album travolgente e sperimentale, “Coniunctio”, che rappresenta al tempo stesso anche l’esordio di un altro grande gruppo, i Blue Effect o Modrý Efekt. Questo splendido documento dal vivo, risalente al 1975 e fino ad ora rimasto inedito, č una preziosa istantanea che cattura questa formidabile creatura in piena fase di metamorfosi. Il gruppo si stava appena spogliando delle oscure trame blues di “Symbiosis” (1974), album dominato dall’elegante piano Fender di Kratochvíl e dalla profonda voce di Joan Duggan, per abbracciare uno stile piů sgargiante e fusion oriented che inizierŕ a prendere forma con “Elegie” (1976). A sancire questo passaggio vi č anche l’abbandono della Duggan il cui ruolo in questo live sta giŕ eclissandosi. Il suo intervento si limita qui a sole tre tracce fra cui segnaliamo “Lonesome”, uno di quei classici giri di blues che compariva all’epoca nel repertorio live del gruppo e che dava modo alla cantante di mettere in risalto la sua voce ruvida e penetrante. I nuovi colori si materializzano anche grazie al Mini Moog che proprio ora inizia a comparire sul palco per le prime volte, accarezzato dalle dita di un Kratochvíl giŕ padrone di un’ottima tecnica. Il live ritratto in questo album si tenne a Bratislava il 2 Febbraio in una sala concerti, la piů grande della cittŕ, gremita e popolata da un pubblico entusiasta e letteralmente assetato di musica. La scaletta č decisamente interessante perché troviamo pezzi come l’esplosivo “Živí se diví” (Wondering of a Living) o anche “Tůň” (Water Pool) che comparivano fino ad ora solo nella compilation dal vivo “Jazzrocková Dílna (Jazzrock Workshop)” che fu registrata a Praga appena un mese dopo rispetto a questo concerto. Nel primo possiamo ascoltare Kratochvíl all’opera proprio col Mini Moog, oltre che con l’amato Fender mentre dialoga col violino infuriato di Jan Martinec, che ci regala variazioni classicheggianti, e allo stesso tempo con la chitarra di František Francl; il secondo č invece un lento serpeggiante e tenebroso, con un violino stregato che si snoda lentamente su un’insolita trama ritmica di 19/8. Notevole č anche la presenza di “Mlýn” che uscě invece nell’EP del 1977 “Mini Jazz Klub 5” come versione da studio pesantemente rieditata ed eseguita assieme alla celebre orchestra jazz della radio cecoslovacca (JOČR). I quattordici minuti di musica che ci vengono presentati sono coinvolgenti ed aggressivi con un’interazione fra i vari strumenti tempestosa ma incredibilmente fluida ed aperta all’improvvisazione. Un’altra particolaritŕ č rappresentata dal pezzo “Žravá Dáma” che anticipa di un anno la versione in studio che uscirŕ su “Elegie” e che ci permette di pregustare quello che poi diverrŕ lo stile prevalente del gruppo di qui a poco. Non mi risulta invece che la lunga traccia “Přítel Dynamit”, questa volta piů affine al repertorio appena trascorso, sia mai comparsa altrove. Completa il set un trio di cover, fra cui risalta una bella versione di “Sanctuary” che lo stesso Mc Laughlin pare abbia molto apprezzato, senza stupirsi piů di tanto peraltro, riconoscendo egli stesso il pregio della scena jazz rock cecoslovacca. La scelta delle cover, che comprendono anche “Freedom Jazz Dance”, composta da Eddie Harris ma registrata e resa popolare da Miles Davis, e “Stratus” di Billy Cobham, riflette alcuni aspetti che entrano a far parte dell’articolato linguaggio dei Jazz Q che sicuramente vale la pena scoprire, sia nelle registrazioni in studio ma soprattutto in occasioni come queste che permettono a questo grande gruppo di spaziare e creare momenti unici di grande musica.


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Jessica Attene

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