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JUNKFOOD The cold Summer of the dead Trovarobato Parade/Blinde Proteus 2014 ITA

I Junkfood sono uno di quei gruppi che si muovono un po’ sui confini tra diversi generi. Non si parla spessissimo di loro sulle pagine che trattano di progressive rock, non frequentano manifestazioni prog e incidono per un’etichetta che solo alla lontana può essere collegata con il prog. Eppure, ascoltando quello che ci propongono, è innegabile che si tratta di un gruppo che può essere considerato prog al 100%. Se nel disco d’esordio “Transience”, già trattato su Arlequins, i Junkfood puntavano su una visione personale del jazz-rock, con questo nuovo cd vanno oltre, tra sperimentazione ed avanguardia non spinta, senza mai dimenticare la melodia. Uno slancio verso un sound ancora più personale, sempre in bilico tra trovate elettroniche e timbri acustici, per Paolo Ranieri (tromba e flicorno), Michelangelo Vanni (chitarra elettrica), Simone Calderoni (basso elettrico) e Simone Cavina (batteria), che oltre ad essere impegnati con i loro strumenti si sbizzarriscono con gli effetti più vari derivanti dal computer. L’album è stato registrato in presa diretta in tre giorni ben precisi: Halloween, Ognissanti e la Commemorazione dei Defunti. Una scelta fatta sia per abbinare la possibilità di ricreare dal vivo quanto inciso, sia per avere un’ispirazione che permettesse di creare e realizzare un’altisonante opera in nero, a tratti persino asfissiante. Partenza affidata ai cinquantanove secondi caotici e assordanti di “In”, ma è con “Days are numbered” che si entra nel vivo del lavoro, attraverso ritmi ossessivi, chitarra nervosa e fiati a stemperare l’atmosfera pesante. Ed è ancora la tromba a dettare le danze di “The maze”, che sulle prime sfiora territori sinfonici e punta su melodie che hanno un che di Oriente, per poi indirizzarsi verso l’elettronica, prima di riprendere i temi iniziali. Sono proprio queste caratteristiche che traspaiono in tutti i brani: l’unione di suoni diversi, la modernità al servizio di composizioni fantasiose, una “costruzione” egregia e impeccabile. Perle come “On canvas”, “As one” e l’oscura marcia “The quiet sparkle” sono lì a dimostrarlo. In “Below the belt” sembra persino di ascoltare i King Crimson di inizio secolo, estremizzandone durezza e tonalità buie. “In circles”, con i suoi sette minuti e sedici, oltre a rappresentare l’ennesimo labirinto sonoro pregno di tensione e di intrecci particolarissimi tra chitarra, tromba e flicorno, porta a termine (negli ultimi secondi con lo stesso caos che lo apriva) un cd interamente strumentale di musica fuori dagli schemi, in cui rock, elettronica, strambe melodie, dark ed elementi colti vanno a braccetto in un’unica direzione. Un grande affiatamento e una grande compattezza sono altri due elementi fondamentali che escono fuori in maniera evidente da “The cold Summer of the dead” e che caratterizzano i Junkfood, gruppo che osa, che guarda avanti, che è stato pronto a mettersi in gioco con una sfida vinta in tutto e per tutto.


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Peppe Di Spirito

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