Home
 
SCOTT KINSEY Kinesthetics Abstract Logix 2006 USA

Durante gli anni novanta Scott Kinsey è riuscito in breve tempo a crearsi una bella reputazione nel circolo della fusion americana grazie in particolare alla sua partecipazione come tastierista nei Tribal Tech, pirotecnica band jazz-rock guidata dal chitarrista Scott Henderson, inoltre Kinsey ha avuto anche l'opportunità di sfruttare preziose ed eterogenee collaborazioni con musicisti del calibro di Bill Evan, Joe Zawinul, Danny Carey, Jeff Berlin, Philip Baley; un'interessante curiosità è anche la sua partecipazione nelle diverse colonne sonore di celebri blockbusters come "Ocean's Eleven", "Ocean Twelve", "Confessioni di una Mente Pericolosa"... Insomma, Scott Kinsey è giunto al suo primo disco solista con un curriculum davvero invidiabile ed inevitabilmente "Kinesthetics" ci consegna un'artista al massimo della forma. Caratteristica di Kinsey è la sua propensione nella ricerca dei suoni ed un'attitudine positiva riguardo alle novità tecnologiche che gli permette di elaborare ed approfondire le potenzialità sonore dei sui synths: "Kinesthetics" è un altro passo verso una ricerca che gli consente di esplorare territori musicali sempre freschi e stimolanti, pur essendo ancora ben legati alla tradizione fusion. Per la realizzazione di "Kinesthetics" Scott Kinsey si è fatto accompagnare da una folta schiera di amici ed illustri colleghi, dai suoi compagni di viaggio Tribal Tech (Kirk Covington, Scott Henderson, Gary Willis) a Michael Landau, Vinnie Colaiuta, Steve Tavaglione. L'incontro di questi talenti ha prodotto un'opera vibrante di energie positive, improvvisata come solo dei grandi maestri dello strumento posso osare (nonchè registrata in soli due giorni del febbraio 2004), dodici brani strumentali in continuo movimento fra eleganza fusion ed una sbarazzina quanto capricciosa scrittura, in linea con alcune delle più fresche tendenze di electro-jazz degli ultimi anni: quindi grande utilizzo di samples, una tocco di spiritualità ed esotismo tribale, infine una nervosa quanto eccitante impronta funky che richiama alla mente certe cose di Miles Davis, Herbie Hancock e Wheater Report. Se trascuriamo l'eccellente e fantasiosa prestazione di Kinsey, la presenza di Steve Tavaglione con il suo repertorio di sax tenore e soprano, flauto, clarinetto, è quantomeno fondamentale per la piena riuscita di questa opera, a mio avviso praticamente imperdibile per tutti gli appassionati della jazz fusion meno banale e stereotipata.

 

Giovanni Carta

Italian
English