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THE KNIFE Black prince disclosure autoprod. 2005 SPA

Questo sconosciuto gruppo spagnolo, per la precisione di Barcellona, si è formato agli inizi del 2001 con la precisa idea di proseguire un discorso interrotto nella metà degli anni ’70 dai grandi gruppi del progressive inglese. Nelle mire della band, quindi, sonorità tipiche dei grandi dinosauri, dai Genesis ai King Crimson, dagli Yes ai Van Der Graaf Generator. Ed è proprio di questi ultimi l’impronta forte e decisiva che si può assaporare dall’ascolto del loro disco in trattazione, secondo in carriera. Il gruppo esordì nel 2003 con un demo autoprodotto di cinque brani per 32 minuti, che si chiamava “(Conversations in) a Lifeless Room”. Progressivamente parlando le promesse non erano delle migliori: il disco era in pratica una raccolta di temi più hard rock che prog, con temi piuttosto scontati e dagli accenni grezzi e persino incompleti. L’uscita valse comunque un biglietto per il Tiana Prog Festival nel quale fecero da gruppo spalla ad Andy Sears, ex Twelfth Night. A due anni di distanza questo nuovo lavoro presenta un deciso salto qualitativo e una dominanza ormai totale di temi prog e, seppur fortemente derivativi, ben gestiti, ben presentati e molto piacevoli all’ascolto.
Black Prince Disclosure, ancora autoprodotto, presenta sette brani molto compatti e coerenti che hanno una certa forma di aggressività chitarristica come punto comune. Le forme ritmiche, altalenanti tra i crescendo, le esplosioni sonore e i brevi momenti di calma, hanno un buon impatto e ricordano la band neo prog dei passati decenni, non ultimi i già citati “Twelfth Night”, contatto che quindi non è certo passato senza traccia, come possiamo sentire ad esempio in “The Incredible Hydraulic Woman”. Addirittura tra le note si legge che lo stesso Sears ha partecipato ad alcune sezioni corali.
Ad ogni modo quello che salta maggiormente, immediatamente e per tutta la durata del lavoro è l’impostazione vocale del cantante Carlos Pomeda, tipicamente hammilliano, sia nelle parti aggressive, sia (e anche maggiormente) nelle parti più intimistiche, come nella riarrangiata title track del demo “(Conversations In) A Lifeless Room”, dove peraltro è anche apprezzabile un esercizio chitarristico notevole, in pieno stile Steve Howe. Decisamente importante l’apporto tastieristico di Adrià Arenas che, con buon gusto vintage, riempie e tesse con piano e mellotron in maniera personale e ricca. Dico con tranquillità che il lavoro merita lo sforzo della ricerca e si fa apprezzare anche a distanza di numerosi ascolti ripetuti.

 

Roberto Vanali

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