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KING OF AGOGIK The rhythmic drawing room sAUsTARK Records 2009 GER

E’ possibile citare nello stesso album “Nella Vecchia Fattoria” e “Oxygene” di Jean-Michel Jarre? Per King of Agogik evidentemente la cosa non è un problema, dato che questo è proprio ciò accade nella sua ultima produzione, “The Rhythmic Drawing Room”.
King of Agogik è il nome dietro al quale si nasconde il progetto solista del batterista Hans Jörg Schmitz, autore ed esecutore principale di tutte le tracce di questo lavoro. Ad aiutarlo, un gruppo di musicisti che si alternano soprattutto alle tastiere ed al basso. Schmitz suona, oltre alla batteria e alle percussioni, le tastiere, il basso e la chitarra.
“The Rhythmic Drawing Room” è il terzo album a nome “King of Agogik”, e si presenta sotto forma di un doppio CD ricco di spunti musicali vari e articolati… forse troppo. Come dichiara lo stesso batterista tedesco, la struttura delle composizioni non segue la tradizionale forma canzone ma cerca di assemblare una sorta di progressive rock strumentale pregevolmente suonato che ha il difetto di lasciare nell’ascoltatore un senso di freddezza e incompiutezza. Il termine “assemblare” non è stato usato in maniera superficiale; la maggior parte delle composizioni sono in realtà un patchwork di temi di varia lunghezza, spesso molto brevi, legati assieme con precisione ma sovente senza un filo musicale logico. Il problema è che in questo modo i brani più elaborati tendono a mancare di una propria identità, apparendo solo come ottimi esercizi di stile, molto tecnici ma senza cuore. Lo stesso Schmitz ammette che le composizioni non sono state scritte per essere suonate da una band ma tendono a privilegiare la creatività ritmica e la fantasia. Quest’ultima è indubbiamente presente ma non riesce a conferire quella spontaneità che manca a “The Rhythmic Drawing Room”.
Le influenze percepibili sono varie, spaziando dai Genesis al metal all’elettronica. I pezzi più interessanti sono in linea di massima quelli più lunghi, nei quali le intenzioni originarie dell’album sono pienamente giustificate. Nel primo cd, “The Last Guru” e “The Disgusting life of Lupus W.”, sono concentrati di riff e assoli di chitarra elettrica, linee melodiche alla Tony Banks e break ritmici inseriti un po’ dappertutto negli oltre dieci minuti di durata di entrambe le composizioni. Degne di nota anche le più brevi “Ostia”, con una parte di arrangiamenti orchestrali sintetizzati, e “The old Backyard”, epica e atmosferica nel suo incedere lento e, finalmente, meno frenetico. Il secondo cd inizia con “Leave”, una cavalcata che si sviluppa in quattordici minuti di alti e bassi, e trova il suo punto focale nella suite che da’ il titolo all’album, divisa in due parti per un totale di oltre ventiquattro minuti di musica.
C’è altro ancora nell’album, pezzi di media e breve durata che hanno il difetto di sembrare dei riempitivi, e che a volte appaiono come una scusa per divertirsi a sperimentare con i suoni e con l’onnipresente batteria. E’ sufficiente citare soltanto “Welcome to the Butchery”, uno sconclusionato miscuglio di voci animali campionate, sovrapposte al solito armamentario di riff, temi e linee melodiche, con la citazione annunciata all’inizio della recensione a costituire la ciliegina sulla torta di un brano purtroppo inutile.
Per riassumere, “The Rhythmic Drawing Room” può essere definito un’occasione sprecata; ridondante e pretenzioso, ben suonato ma con troppi spunti, che invece di apparire fantasiosi rischiano di far cadere nella noia, geometricamente perfetto in tutti i suoi incastri ritmici ma freddamente digitale, con suoni a volte troppo piatti e scontati.
Con una struttura più snella, mirata a sviluppare ed a rendere interessanti un minor numero di idee, e ridotta ad un album singolo, Hans Jörg Schmitz avrebbe senz’altro potuto produrre un lavoro più valido.


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Nicola Sulas

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