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KAYO DOT Coyote (EP) Hydra Head Records 2010 USA

Per essere un semplice EP, “Coyote” è un album di tutto rispetto vista la sua bella durata di quaranta minuti!!! Mi domando a questo punto cosa stia preparando Toby Driver per il prossimo disco... Al momento i Kayo Dot stanno attraversando una nuova e decisiva fase nella loro esistenza, dopo l’ottima momentanea reunion dei Maudlin of the Well, Toby Driver ha riassestato le fila dei Kayo Dot con nuovi elementi ed una line-up ancora una volta completamente rivisitata, con l’unica costante di Mia Matsumiya impegnata a ricamare melodie inquietanti con il suo violino: questa volta fanno parte dei Kayo Dot il batterista David Bodie, il redivivo tastierista Terran Olson (presente in “Choirs of the Eye” e già con i Maudlin of the Well), il sassofonista Daniel Means ed il trombettista Tim Byrnes. Il sound di “Coyote” si allontana dalle sperimentazioni psichedeliche del precedente “Blue Lambency Downward”, i Kayo Dot hanno ora ripreso una loro organicità nel suono: abbandonate in parte le spettrali visioni folk e i riferimenti più classici al progressive rock anni settanta, Coyote è immerso nei suoni plubei di una sorta di intrigante jazz rock dissonante e claudicante, compromesso da strane allusioni “dark” e gotiche di orientamento wave... In effetti, se diamo retta alla bio presente sulla loro pagina myspace, l’intento sembra proprio quello di creare una sorta di “goth fusion” che unisce elementi stilistici ispirati dai primi Cure, Bahaus... e l’Herbie Hancock psichedelico di “Sextant”. Gli stravaganti riferimenti al capolavoro di Herbie Hancock sono comunque assai fuorvianti, possiamo forse percepire le intricate improvvisazione di un pezzo come “Hornets” ma siamo davvero su altri territori: in “Coyote” possiamo ascoltare come i Kayo Dot abbiano espanso ulteriormente il loro armamentario jazz per contaminarlo con strane soluzioni dark, grazie specialmente al basso elettrico di Toby Driver, il cui timbro così tipicamente goth e profondo è quanto di più abissale ed oscuro si poteva immaginare, diversamente dalle parti di chitarra, piuttosto in sordina ed occasionalmente suonate in maniera assai intelligente dalla Matsumiya. Il rientro di Terran Olson, impegnato anche con gli Autumn Tears (gruppo piuttosto noto nel giro dark-neo classico) ha contribuito all’orientamento musicale del disco con un utilizzo discreto dei synths e dell’organo, anche se le tastiere in “Coyote” servono più come suggestivo contrappunto e sfondo atmosferico. Le vocals lancinanti e sofferte di Toby Driver comunicano un grande senso di alienazione e perdizione, specialmente in un contesto di improvvisazione caotica come succede in “Whisper Ineffable” oppure nella desolazione avant-jazz di “Abyss Hinge 2: The Shrinking Armature”, le cui sonorità tetre e surreali si sviluppano attraverso una base strumentale che guarda alle dilatazioni notturne di Miles Davis come alle improvvisazioni radicali di Henry Cow/Art Bears. La relativa angoscia che trasmette questo lavoro lascia pochi spiragli di luce, se non attraverso il blues agonizzante accennato per il finale di “Cartogram Out Of Phase”, liberazione da una sofferenza spirituale e fisica che è stata ispirata da Yoko Sueta, amica e collaboratrice di Toby Driver morta tragicamente a soli ventinove anni per un tumore al seno.


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Giovanni Carta

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