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KARCIUS The first day Unicorn Digital 2012 CAN

Arie di grandi cambiamenti accompagnano l’uscita del quarto lavoro del gruppo canadese Karcius. Dominique Blouin, bassista fin dagli esordi, uscito dalla band nel 2009 dopo il disco “Episodes”, è sostituito da Sylvain Auclair, bassista ovviamente, ma che – vera novità per il gruppo – inserisce il cantato in una band nata, come sappiamo, con l’intento di proporre solo musica strumentale.
Con l’inserimento della voce arriva un forte, deciso cambiamento delle strutture dei brani. Tutto si fa melodico e non per questo immediato, tutto appare meno complesso, ma decisamente non scontato. E’ ancora forte e subito assaporabile l’impatto progressive della proposta dei Karcius, ma è un progressive che radica in terreni diversi dal passato. E’ soprattutto una grande musicalità che esce e arriva diretta, una grande voglia di espressione variegata e che neppure per un attimo, neppure nei momenti più rilassati, vuole perdere di vista l’obiettivo di ricchezza e pienezza sonora.
Tutti da assaporare i nove brani, ben composti e suonati senza sbavatura alcuna. In ognuno c’è spazio per intravedere quali siano gli attuali punti di riferimento della band, tra Rush, Pink Floyd, King Crimson anni ’80, gruppi un po’ più hard, talvolta un po’ più AOR, talvolta anche new wave.
A parte la breve e ipnotica “Number Ten”, tutta giocata al pianoforte di Mingan Sauriol e la percussiva dal sapore africano “Djok”, che bene mette in evidenza la varietà sonora di cui dispone Thomas Brodeur, tutti i brani sono ampiamente cantati. Le melodie si trascinano e si insinuano tra le chitarre elettriche di Simon L'Esperance, che molto spesso sanno di gilmouriano, portando una nota mesta e riflessiva e un tocco di notevole personalità, grazie ad un particolarissimo timbro che metterei a metà strada tra uno Sting più rock è l’impronta soul di Daryl Hall. Una voce sempre molto precisa e centrata.
Tra gli altri brani si evidenziano il mid-tempo di “Hypnotic”, rotolante e calda su tappeto jazz, la bellissima “Rest my head”, dotata di uno notevole assolo di tastiere moderno, tecnicissimo eppure agile e scorrevole. Interessante anche lo sviluppo di “Water” intrisa di dinamiche gabrielliane in sapore R’n’B e soul, ma su un corpo di deciso rock e un esplosivo finale. E ancora “The world”, più sperimentale e più tipicamente progressive nei suoi molteplici aspetti in continuo cambio. Un po’ sotto sono “Why”, non brutta ma che forse paga un riferimento troppo deciso ai Pink Floyd dell’ultima era Gilmour e “Brother” che trovo un po’ paciugata tra il cantato e gli assolo infilati un po’ a forza.
Un disco quindi decisamente diverso da quanto finora proposto dai Karcius, non per questo più brutto o più bello, diverso e altrettanto interessante, da ascoltare tantissimo per carpire tutti gli aspetti spesso celati ma di buon fascino.


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Roberto Vanali

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