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LITTLE TRAGEDIES Return Mals 2005 RUS

Dal 1994 i Little Tragedies tengono alta la bandiera del Prog sinfonico in Russia, terra che apparentemente non sembra avere grosse proposte in tale ambito ma che in tempi passati ha dato i natali a diversi gruppi sotterranei di indubbio valore. Questa terra nasconde ancora qualche sorpresa e una di queste è sicuramente il gruppo dell'estroverso Gennady Ilyin, compositore diplomato al Conservatorio di San Pietroburgo, e perno attorno al quale ruotano i Little Tragedies. Dopo diversi cambiamenti di line-up, con questo "Return", terza parte di una trilogia dedicata ad un'opera del poeta N. Gumilev (i primi due capitoli erano "The Sun of Spirit" e "Porcelain Pavilion"), sembra che la band abbia raggiunto una formazione abbastanza stabile, di cinque elementi, che vede affiancarsi al tastierista Gennady il chitarrista Alexander Malakhovsky, il batterista Yuri Skripkin, il bassista Oleg Babynin ed il sassofonista Aleksey Bildin. Lo spirito di Gennady, incline alla magnificenza delle opere sinfoniche, ed affinato con lo studio degli autori classici, emerge in maniera prepotente e rigogliosa nelle sue canzoni: il suo stile compositivo è molto assimilabile alla logica della suite sinfonica piuttosto che a quella di un'opera rock e le sue opere sono piene zeppe di riferimenti alla musica classica e di spettacolari barocchismi, interpretati con uno stile tastieristico, tragico e maestoso, sfacciatamente ispirato ad Emerson. In quest'ottica l'aspetto percussivo rimane a volte lasciato in secondo piano e la musica, come quella di una grande orchestra, si muove spesso senza l'appoggio della batteria che entra in scena quando i suoni si irrobustiscono e si fanno più nervosi. In tali occasioni la chitarra assume un atteggiamento più aggressivo ed improntato in qualche limitata occasione al metal, e in queste circostanze sembra quasi di sentire suonare le Ars Nova. Sono dominanti, come avrete intuito, le tastiere, che reggono la maggior parte del peso artistico delle composizioni: si tratta di tastiere poderose, spesso dai suoni sfarzosi che si dividono fra parti orchestrali classicheggianti e assoli furiosi, arie romantiche e sequenze d'assalto. Il cantato in russo non ci permette di cogliere gli elementi narrativi del concept, bisogna comunque dire che le parti vocali sono piuttosto limitate ed il gruppo conserva un approccio per lo più strumentale. I toni preferiti sono quelli gioiosi e trionfali, tesi allo spettacolo e a volte forzati verso l'eccesso. L'effetto finale è molto pirotecnico, brillante e tutto sommato scorrevole per un album fatto con passione e sincerità e volutamente sfarzoso. Se vi piacciono le cose un po' kitsch proverei a dare fiducia a questi russi, decisamente divertenti e anche capaci sul piano tecnico.

 

Jessica Attene

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