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DAVIDE LAUGELLI Out of the nightmare autoprod. 2023 ITA

Dopo sei anni, il bassista Davide Augelli dà continuità all’opera solista cominciata con "Soundtrack of a Nightmare", sempre con Filippo Maccarelli alla batteria. Ormai sulle scene da diverso tempo col suo fidato basso, Laugelli si è districato in varie realtà del mondo metal (Disaese Illusion, Heller Schein, XXII Arcana, The Burning Dogma, Darisam, ecc…), riversando poi tali esperienze nei lavori a proprio nome, anche se in questo caso vi è indubbiamente attenzione al fattore compositivo, che a sua volta bada a creare un certo tipo di atmosfera.
Quello dei bassisti come autentici leader nelle band italiche è un fenomeno evidente, soprattutto a partire dagli anni ’90, basti pensare a Lorenzo Dehò dei Time Machine o ad un autentico mastermind iper-produttivo come Fabio Zuffanti. Nel caso specifico, parlando di una realtà dark-metal dalle sfumature prog, la mente va ad Ezio Nicolini, protagonista assoluto nei suoi Akron e conosciuto dagli appassionati della scena underground nei The Black, assieme a Mario Di Donato. Laugelli spinge forse ancora più in là l’uso del proprio strumento, sfruttando anche il fretless bass e dividendosi le parti di tastiere con Gabriele Quaranta. Quella che vuole essere la colonna sonora di un incubo, come da titolo, continua da dove era stata interrotta nel precedente capitolo di apertura. Ad essere maturata è proprio la parte compositiva, che rispetto al passato non dà affatto la sensazione aver creato semplici brani in estemporanea. Adesso, il lavoro appare molto più meditato, dimostrando di aver acquisito maturità nel corso degli anni. Tutto suona inquietante, gelido, ossessivo, come una notte appena illuminata dalla luna, che rende paurosi antichi templi in rovina. Paure create da spettri che si aggirano nella propria mente, capace di ridestare archetipi nati chissà quando, assieme all’Umanità medesima. In questa chiave di lettura, si tratterebbe di una buona colonna sonora per dei racconti di H.P. Lovecraft, soprattutto con la tortuosa “Blind Eyes Of a Burning Dogma”, ma anche “Xanax In The Moonlight” o “Return To Stonehenge” (sempre a proposito di luoghi di culto resi inquietanti dalla pallida luce lunare). Un episodio che avrebbe meritato di essere sviluppato meglio è “Message From Neptune”, unico brano in cui compare la chitarra elettrica. Suonata per l’occasione dall’ospite Timo Tolkki – a suo tempo storico leader e chitarrista dei finlandesi Stratovarius (nonché cantante sui primi tre album) –, l’esecuzione delle partiture poteva essere tranquillamente affidata a qualsiasi chitarrista metal. Non vi è infatti traccia dell’attitudine Malmsteeniana o power-metal del musicista finnico e la collaborazione sembra più che altro un favore tra amici. Nulla di male in tutto ciò, anzi… Ma il brano avrebbe meritato altra strutturazione, innanzi tutto perché il titolo rimanda agli impulsi (o messaggi di qualche tipo) inviati da quello che è ritenuto il pianeta dell’Oblio per eccellenza; e poi perché la composizione pareva essere il preludio di una composizione interessante. L’uscita dall’incubo, comunque, avviene con la conclusiva “Life Is a Joke”, in cui la notte impenetrabile si apre a una musica positiva e che vede la presenza del tastierista Marco Bertoni dei Confusional Quartet.
Per tirare le somme, un lavoro che guarda ad un certo tipo di evoluzione in abito metal, proponendo con successo il basso come strumento principe, capace di catalizzare le attenzioni e a portare avanti quanto composto tramite intricate linee soliste. Di certo, molto difficilmente potrà essere apprezzato in ambito strettamente prog-rock. Un consiglio: da evitare se siete abbattuti interiormente per qualche motivo personale. Le frequenze emesse non mirano certo ad alzare i bioritmi. Anzi, risultano propedeutiche ad un’analisi delle vibrazioni opposte.



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Michele Merenda

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