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MASQUE Ten ways Musea 1994 SVE

Seconda uscita per questa band svedese che si discosta dai canoni compositivi in campo prog che sembrano essere attecchiti da quelle parti in questi anni (vedi LANDBERK, ANEKDOTEN, ÄNGLAGÅRD, ecc.). In verità la dimensione stilistica dei MASQUE scavalca, con un interessante tentativo sperimentale, i confini del progressive canonicamente riconusciuto come rock sinfonico, trovando in melodie molto ritmate caratterizzate da venature funkeggianti e da imprevedibili variazioni jazzate, la propria definizione (vedi "This love" o "Become"). Quella dei MASQUE è una musica ben curata, e ben eseguita che comunque risente di una innegabile matrice progressiva di fondo che rimane inevitabilmente influenzata da quello stile un po' crepuscolare tipico di molti progster scandinavi. Buono l'inserimento delle chitarre (Johan Engstròm) che per l'uso fattone possono rimandare a certi passaggi dei KERRS PINK mentre lascia a desiderare la voce di Jerker Rellmark, molto particolare che: "o piace tantissimo o vi fa addormentare (io propendo per quest'ultima ipotesi...)". Ottima anche la parte ritmica che vede Magnus Berggren al basso e Lars Kallfelt alla batteria, il cui apporto è essenziale per le scelte melodiche fatte dalla band e l'utilizzo fatto delle keyboards (soprattutto piano e un ottimo hammond) di Anders Kwarnmark, mai aggressive o asfissianti ma pulite, precise e con ottime timbriche. In conclusione un lavoro atipico che incontrerà nei puristi del prog i suoi maggiori detrattori. Vale comunque la pena di ascoltarlo... chissà che i MASQUE non vi convertano ad una maggiore ampiezza di vedute cosi come è accaduto per il sottoscritto.

 

Giovanni Baldi

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MASQUE Flesh that understands 1992 

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