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MOON OF STEEL Passions Cult'n'Roses 1990 ITA

Abbiamo a che fare con un lavoro metal, questo è bene specificarlo; tuttavia il disco si presenta originale ed anticonvenzionale già a partire dalla splendida copertina (apribile) che riporta un dipintoin stile rinascimentale di una figura femminile. Anche il look del gruppo è azzeccatissimo: semplice ma ricercato, elegantissimo ed aristocratico. Siamo veramente lontano dalle più bieche e pacchiane truculente metalliche.
E la musica corrisponde in pieno a tali connotati visivi: molto studiata e cerebrale, va per forza accostata a quella dei metal progressive masters Queensryche. Ma qui c'è addirittura qualcosa in più, un certo malessere romantico, un languore tipicamente latino ben evidente. Il missaggio ha - forse volutamente - lasciato un po' in secondo piano le chitarre, permettendo così la deflagrazione dell'ottima sezione ritmica, in particolare le cesellature del bassista e compositore Moon, un validissimo strumentista che, pur rifacendosi in parte alla scuola di Steve Harris degli Iron Maiden, riesce ad essere convincente e personale. Siamo inoltre a livelli stratosferici per quanto concerne quel fattore che, nel 95% delle italiche formazioni, risulta tragicamente carente: la voce. Dennis A. Ruggeri sussurra, grida, spazia con disinvoltura da un lato all'altro del registro sonoro, sottolineando ulteriormente il clima di pathos che pervade il lavoro. Il suo timbro è identificabile come un ideale incrocio fra G. Tate dei Queensryche e M. Kiske degli Helloween (a proposito, "Keeper of the 7 keys pt. 2" e nella fattispecie la suite omonima di oltre 13 minuti è un perfetto esempio di metal epico ed assolutamente progressivo: perché nessuno lo ha mai detto?).
Scendendo nei dettagli, "Spanish flame" e "Time's marching fast" sono progressioni in Maiden style arricchite opportunamente ora da rallentamenti, ora da rarefazioni e sempre supportate da una ritmica frastagliatissima: "Tonight" è giocata fra rincorse vocali e strumentali, compressioni e maestose aperture. Il più ampio dispiego di idee compositive è riscontrabile in "Shy girl" e "When the clouds fall", ricche di breaks, di temi multipli; tracks intelligenti, oltretutto, nella sapiente compenetrazione di psichedelia ed eticità. Un doveroso avvertimento: non vi sono tastiere, ma davvero ai Moon Of Steel non servono.
Diversi fattori hanno sinora (direi giustamente) bloccato l'ascesa del metallo italiano, non ultimi vari assurdi proclami assolutamente fuori luogo e degni di certi bulletti da bar di periferia. Ma i Moon Of Steel sono la classica eccezione: dire che siamo alla presenza di un grande lavoro significa render oggettivamente giustizia ai meriti di questi 5 musicisti.

 

Francesco Fabbri

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