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METAMORPHOSIS Dark Galileo Records 2010 SVI

La creatura di Jean-Pierre Schenk sembrava aver preso il volo a diventare un vero gruppo, con l’album precedente “Then all was silent”; con questa nuova uscita invece il gruppo torna ad essere praticamente costituito dal solo Jean-Pierre, coadiuvato unicamente da un paio di chitarristi che si alternano sulle 8 tracce. Il nostro uomo si produce quindi in tutti gli strumenti necessari a mettere in piedi questo concept che musicalmente si presenta più aggressivo e un po’ meno floydiano (ma non che l’infatuazione per Gilmour e soci sia passata del tutto…) che in passato, con delle chitarre più aggressive e ritmiche spesso sopra le righe, con accelerazioni improvvise che sgorgano rigogliose dalle consuete (per chi già conosce vita, morte e miracoli del progetto Metamorphosis) pause d’atmosfera. Il cantato purtroppo non è mai stato il punto di forza di Jean-Pierre e anche in questo caso, pur non facendoci inorridire e drizzare i capelli, come purtroppo avviene in alcuni casi, bisogna dire che non rappresenta l’elemento su cui potremmo puntare per convincere un possibile acquirente. Il sapore da one-man-band è un altro punto debole di questo disco, così come di molti altri similari: non c’è niente da fare… occuparsi di tutti gli strumenti quasi sempre comporta un senso di artificiale e artificioso che solo pochi riescono ad evitare. E infine diciamo pure che anche la qualità di registrazione non è certo esente da pecche…
Dunque quali possono essere gli elementi giusti per pubblicizzare a dovere quest’album? Sicuramente il fatto che in qualche modo ci si sia avvicinati alla concezione di Prog moderno che al giorno d’oggi raccoglie i maggiori consensi: più o meno limitrofo al Prog-metal, con atmosfere che colpiscano l’ascoltatore medio e melodie trascinanti, pur non dimenticando che si sta parlando di Prog e che quindi una certa dose di complessità nelle composizioni è comunque richiesta. Ecco che quindi in senso stilistico questo nuovo album a nome Metamorphosis può avere molte attrattive per un pubblico medio ascoltatore di Prog, che troverà in “Dark” molti punti di possibile interesse. Tutto ciò va però a scontrarsi con la qualità effettiva del prodotto che, oltre agli appunti che mi sono trovato a fare nel paragrafo precedente, ci parla di un album piuttosto scialbo in cui qualche spunto di chitarra e qualche pausa d’effetto non riescono a sollevare le sorti generali e ad evitare la noia mortale che ci attanaglia con lo scorrere dei minuti, sempre più lunghi e sempre più o meno uguali a sé stessi. E allora, caro ascoltatore medio di Prog, in confidenza ti posso finalmente dire che del quarto album dei Metamorphosis si può fare tranquillamente a meno.


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Alberto Nucci

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