Home
 
NOVA ART The art of nova Valiant Music Productions 2005 RUS

Ai nostri giorni anche la Russia ha un panorama prog concreto ma comunque molto dispersivo e dalle caratteristiche poco definite. C'è di tutto un po' ma vi è ancora scarsa aggregazione fra le band ed i canali di distribuzione e promozionali sono ben pochi. Pian piano hanno preso piede eventi dal vivo, come il festival InProg, che si tiene annualmente a Mosca, esistono negozi specializzati ed anche delle riviste come "InRock" che dedicano spazio al nostro genere. Purtroppo però sono pochi i gruppi che tentano di oltrepassare i confini nazionali e per noi rimane difficile stare dietro alle nuove uscite, cosicché il contatto con questi artisti avviene per lo più in maniera fortuita. Casualmente mi sono imbattuta in questo CD, abbastanza valido anche se non proprio originale. Si tratta di una band nata a Mosca nel 2000, grazie al cantante Andrej Nova che, nel suo immaginario, sognava un gruppo che fondesse l'intelligenza dell'art rock alla robustezza del progressive metal, con qualche venatura thrash. Le idee di Andrej si sono concretizzate in questo breve debutto, che non raggiunge la mezz'ora di durata. In effetti gli intenti dichiarati del cantante rappresentano una descrizione rapida ma abbastanza calzante delle otto tracce dell'album. Guardando le foto del gruppo scopriamo che i componenti (il bassista Kostia Ganulich, il batterista Dmitry Selipanov ed il chitarrista Oleg Izotov, oltre al già citato Andrej che si occupa anche delle tastiere) sono tutti molto giovani e ad un primo impatto emerge proprio un approccio istintivo e pieno di entusiasmo, non privo di passaggi tecnici e virtuosistici, ma nel complesso impetuoso e travolgente. La mini suite di apertura, "Freedom of a Closed Space", che copre le prime tre tracce, è quella che meglio incarna lo spirito del gruppo, come le sue tastiere bombastiche e le chitarre affilate che bombardano letteralmente l'ascoltatore. Le liriche sono in inglese e la voce di Andrej si divide fra toni romantici e ringhiosi, così come la musica che passa da fasi martellanti, scandite dal doppio pedale della batteria, a momenti più meditativi. Anche "My Beloved Hate" merita una menzione per le sue spinte ai limiti del nu metal, il flapping del basso ed i riferimenti a Sieges Even, Tool e agli immancabili (anche in Russia, dove fanno letteralmente faville) Dream Theater. Non si tratta di una miscela originale e sicuramente un po' più di esperienza aiuterà questi giovani a convogliare il loro impeto in qualcosa di più interessante, originale e creativo. Per ora il talento c'è ed un nuovo album è, al momento in cui scrivo, già alle porte. Staremo a vedere, anche perché la stampa locale russa si aspetta grandi cose da questi ragazzi; speriamo ne siano all'altezza.

 

Jessica Attene

Italian
English