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NOSOUND A sense of loss KScope 2009 ITA

Le lacrime, certe volte bastano. Scorrono pesanti come a voler segnare il viso, come se la cicatrice dovesse restare a monito perenne, con i suoi bordi spezzati e salati. Altre volte le lacrime non sono sufficienti, oppure non se ne hanno più per colmare quel senso di vuoto e di perdita che pervade i momenti del nostro vivere. Questo è il significato generale e particolare di quest’opera, terza in carriera per la band romana di Giancarlo Erra.
Il lavoro presenta alcune novità, rispetto elle due uscite precedenti: intanto l’etichetta, che grazie ai contatti dello stesso Erra con Tim Bowness dei No-man è diventata la K-Scope, come per gli stessi No-man, ma anche dei Pineapple Thief, dei Porcupine Tree e di Richard Barbieri. Poi la musica, che presenta un grande salto in avanti, sia per la composizione, sia per quanto concerne la sua presentazione generale, in tema di arrangiamenti, di produzione, di incisione, ecc. Sembra quasi che in questi due anni, passati dal precedente lavoro, la band abbia avuto un processo di maturazione completo.
Completano il quintetto, con il chitarrista Erra, Paolo Martellacci, Gigi Zito, Paolo Vigliarolo, Alessandro Luci e, da non sottovalutare, la presenza del quartetto d’archi di Enrico Razzicchia, il Wooden Quartet, che trova giusti spazi e tesse sonorità e raccordi armonici spesso indispensabili. Una band così strutturata è in grado di sviluppare la musica così come la mente dell’autore la vuole, in modo che gli stimoli, le idee si possano tramutare immediatamente in esecuzione.
Quello che possiamo trovare nella musica di “Sense Of Loss” è da ricercare quasi geograficamente, in quell’incrocio tra meridiani e paralleli dove convergono progressive, post rock, ambient, minimalismo, rock, space e un tocco di classicismo. Sembrerebbe un gran polpettone, ma non lo è. Non lo è perché quel luogo di convergenza geografica è un punto adimensionale, impalpabile e spogliato di tutti i fronzoli, di tutti gli appesantimenti e le retoriche ridondanze che la musica trasversale potrebbe portarsi appresso.
L’ascolto è come un tracciato multiforme inciso nelle sabbie del deserto dell’asciutta “Fading Silently”, nella banchisa polare della lunga “Winter Will Come”, talvolta nella roccia, come nella dura e tagliente “My Apology” e talvolta direttamente nella carne, come nella storia spezzata di “Some Warmth Into This Chill”. Un percorso contorto ma ad anello: dove parte, ritorna. Si ricongiunge in cerca di un abbraccio, di un odore, di uno stimolo. Un tracciato che spesso sembra portare lontani, ma che abbiamo ben chiaro e vicino, nelle viscere del nostro intimo, sulla stessa nostra pelle. Forse lo stesso tracciato che le lacrime, prodotte da questo eterno ed incolmabile senso di perdita, hanno indelebilmente segnato.
Io sono dell’idea che la musica, soprattutto quella che sentiamo essere la nostra musica, spesso sia in grado di amplificare il sentimento che si sta vivendo: porta maggior tristezza se si è tristi, aumenta la gioia se si è felici. Il bello, il positivo, l’eccellenza di questa musica è tutta qui: è in grado di ravvivare ed esaltare un sentimento, basta avere la forza di volerlo vivere.

L’edizione è corredata da un secondo supporto. Un DVD che ripercorre tra suoni ed immagini statiche le atmosfere di cui la musica è permeata. Un’altra esperienza da percorrere, forse a piccole dosi, ma di grande livello.

 

Roberto Vanali

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