Nati nel 2001, gli Orphan Project hanno debuttato nel 2003 con un omonimo album in cui mostravano influenze derivanti sia dai Dream Theater sia dal prog dei seventies. Dopo un EP uscito nel 2008, a sei anni di distanza da quell’esordio giunge adesso un nuovo full-length per la band statunitense capitanata dal cantante Shane Lankford. “Spooning out the sea” contiene 10 brani di discreta fattura, in cui possiamo notare un buon equilibrio tra tecnica, feeling e passione; e già questo è un segnale positivo... Certo, ritroviamo i classici cambi di tempo, i riff metal e tutte le diavolerie tipiche di un disco di prog-metal, il che fa pensare un po’ alla prevedibilità ed un po’ al fatto che, come si suol dire, l’album sia stato ben studiato a tavolino, seguendo gli insegnamenti dei vari Rush, Kansas, Dream Theater, Shadow Gallery e compagnia bella. C’è una grande energia di fondo, dettata da ritmi potenti e da una chitarra aggressiva, ma mai estrema o all’inseguimento di virtuosismi, e c’è anche spazio per aperture ariose guidate da piano e tastiere. “One dark moment” è il brano che maggiormente risalta al primo ascolto, con la sua delicatezza iniziale, il “tiro” più diretto ed i crescendo, ed è stato utilizzato come singolo per le radio. Rimarchevoli anche le parti vocali, sia per gli spunti melodici, sia per il calore dell’ugola di Lankford. Siamo di fronte ad un disco di prog-metal, con tutte le caratteristiche presenti in prodotti del genere. Mi sembra, però, che la qualità che si riscontra in questo caso sia ben superiore alla media in circolazione. Sarà per il buon gusto mostrato, o per la concisione dei pezzi e la loro non eccessiva cervellosità… O forse sarà perché si tratta di un disco di prog-metal fatto prima di tutto con il cuore. Non è poco, anche se non possiamo trovarvi nulla di innovativo o di particolarmente personale, ma gli amanti di questo tipo di musica potranno ricevere piacevoli sensazioni.