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OUGENWEIDE Ougenweide/All die weil ich mag Polydor 1973 / 1974 (2006 Bear Family Records) GER

Il debutto degli Ougenweide, nati dalle ceneri dei Fabs, avvenne nel 1971 in un festival scolastico ad Amburgo, città la cui scena musicale del periodo era invasa da gruppi beat ed era pressoché priva di musicisti folk che invece spopolavano, sul finire dei Sessanta, nei club di grosse città europee come Londra o Copenhagen. Ma col tempo le cose iniziarono a prendere una piega diversa, in particolare quando i City Preachers, fondati da John O’Brien-Docker, fecero il loro ingresso sulla piazza. Nello loro formazione, che mutava continuamente, sono passati talenti come quelli di Inga Rumpf (cantante solista dei Frumpy) e di Dagmar Krause (che ritroveremo qualche anno più in là in gruppi come Henry Cow ed Art Bears).
Ma mentre il repertorio dei City Preachers si basava sulla rilettura metodica e abbastanza rispettosa delle versioni classiche dei pezzi folk, gli Ougenweide trasformarono i motivi della tradizione in qualcos’altro che si inseriva perfettamente nei gusti musicali di allora, fornendone una fresca rilettura in chiave beat, che tenesse conto delle esperienze del periodo che avvenivano soprattutto in ambiente britannico. In tal senso si possono apprezzare, nella musica di questa band, chiari riferimenti a gruppi come Jethro Tull, Pentangle e Fairport Convention. Proprio gli album di questi ultimi due gruppi entrarono nel primo repertorio degli Ougenweide e costituirono al tempo stesso per Frank Wulff (flauto, mandolino, chitarra acustica, harmonium, arpa ebraica) l’impulso ispirativo per la creazione del sound della sua band. Un altro elemento importante per la definizione dello stile degli Ougenweide è stata la decisione di Olaf Casalich (voce e percussioni) di scegliere testi in lingua tedesca medievale, idioma che al giorno d’oggi nessun tedesco è in grado di capire perfettamente, ed è proprio per questo che all’interno degli album degli Ougenweide vennero inseriti i testi a fronte con la traduzione in lingua corrente. Lo stesso nome della band deriva dal tedesco medievale e significa letteralmente “qualcosa di piacevole a vedersi”.
La ristampa di cui ci occupiamo contiene, in un singolo CD, i primi due album della band, forse considerati i migliori, anche se il gruppo riesce a mantenersi ad alti livelli anche nelle produzioni a venire. Il loro sound si basa su un’ampia gamma di strumenti acustici e tradizionali che dominano la scena sonora e solo raramente si ancorano saldamente, come tanti rami ad un tronco possente, ad un brioso substrato elettrico, come in “Der Fuchs”, un pezzo profondamente ispirato ai Fairport Convention, o come nella buffa “Es fur ein pawr gen holcz” che chiudeva in origine il vinile di debutto, adatta per feste danzanti condite da fiumi di birra. I musicisti sono nove, anche se, col secondo album, questo numero si contrae a cinque. Le melodie hanno un sentore antico, con cori leggiadri fatti da intrecci di voci maschili e femminili, percussioni a volte delicate a volte più concitate, un ampio impiego di flauti e chitarre che producono morbidi arpeggi e arricchimenti timbrici dati da strumenti come xilofono o glockenspiel. I pezzi hanno a volte un impatto rustico, come nella allegra “Ougenweide”, ove il connubio fra folk e beat è pressoché perfetto, ma altre volte sono raffinati ed evocativi, ed è questo il caso della morbida “Swa gouter hande wurzen sint” e presentano in qualche occasione persino richiami alla musica sacra, come nella prima metà di “Merseburger Zaubersprüche” che, a differenza degli altri pezzi fin qui citati, si trova invece nel secondo album.
Diciamo in sostanza che, pur rappresentando il patrimonio tradizionale tedesco la strada maestra percorsa da questa band, questo è stato arricchito da molteplici influenze che rendono la produzione degli Ougenweide interessante ed originale. Un must per gli appassionati di folk rock, corredato inoltre, in questa bella edizione, da un bel libretto con la storia del gruppo.



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Jessica Attene

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