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PREMIATA FORNERIA MARCONI Dracula Sony/BMG 2005 ITA

Se ne parlava da tempo e finalmente eccola: “Dracula”, la prima opera rock della PFM, dedicata al più famoso vampiro della letteratura. Tralasciamo, in questa sede, le prospettive future legate alla rappresentazione teatrale del lavoro in questione e concentriamoci sul contenuto musicale. Diciamo subito che undici tracce suonate con la classe che da sempre contraddistingue i musicisti e alcune inflessioni tipicamente progressive non fanno di quest’album un album prog. E diciamo subito che si può dare comunque un giudizio complessivo ampiamente positivo. La strumentale “Ouverture” con cui si apre il cd è splendida, con la sua combinazione di rock e musica classica e con una varietà timbrica ottima: si passa infatti da delicati arpeggi di chitarra a momenti di gruppo emozionanti, con intermezzi in cui si esibisce un’orchestra non eccessivamente invadente. Si prosegue con “Il confine dell’amore” e “Non è un incubo è realtà”, che ci fanno comprendere come la PFM si diriga in maniera netta verso l’opera rock. Insomma, è come se ci dicesse “guardate che stiamo più vicini a ‘Notre Dame de Paris’ e ‘Jesus Christ Superstar’ che a ‘Per un amico’!”. Così capiamo subito, se proprio ce n’era bisogno, che la musica proposta è strettamente legata all’evoluzione del concept. Emblematica e molto conturbante, in tal senso, “Il mio nome è Dracula”, con le sue atmosfere sinistre, malinconiche, romantiche e misteriose allo stesso tempo. Poi arriva “Il castello dei perché”, brano con cui Mussida, Premoli, Djivas e Di Cioccio dimostrano come possano fare dell’ottimo rock sinfonico con una facilità incredibile, da fare invidia alla maggior parte delle nuove leve in circolazione. Inizio tastieristico sparato, quasi new-prog, momento cantato teatrale, parte centrale strumentale dal profondo lirismo e che va poi in un crescendo da brividi, per concludersi con una bella melodia di piano. Sicuramente la composizione che più di ogni altra affascinerà gli amanti del classico rock sinfonico. “Non guardarmi” è un delicato tassello semiacustico di pop romantico, con una strizzatina d’occhio a gentili melodie del passato, mentre “Ho mangiato gli uccelli” riporta il discorso su sentieri rock, unendo energia di gruppo, enfasi e rimandi classicheggianti. “Terra madre” ricorda un po’ le atmosfere più raffinate di “Ulisse” ed è seguita da una bruschissima caduta di tono rappresentata da uno dei brani più brutti mai realizzati dal gruppo: “Male d’amore”, pop tirato, ma molto scialbo, con un pessimo ritornello ossessivo, con un testo orribile e che da subito mette in apprensione facendo pensare “ma quando cavolo finisce?”. “La morte non muore” è una canzone che va spedita e veloce, senza infamia e senza lode. Il finale è occupato da “Un destino di rondine”, conclusione degnissima, dall’andamento suadente ed elegiaco, un sound che mescola timbri moderni e orchestrazioni atmosferiche, melodie indovinate con tanto feeling, con la presenza di Dolcenera (non storcete il naso: bravissima!) alle parti vocali ed un magico finale dove chitarra e tastiere si fondono magicamente. Dopo cinque minuti e mezzo c’è un attimo di silenzio e si prosegue con quella che potrebbe essere considerata una ghost-track che riporta la PFM in ambito più prog, specie negli incastri strumentali, portando a termine il cd in maniera molto altisonante, ascoltati anche gli interventi maestosi dell’orchestra e del coro. L’aspetto testuale è quello che maggiormente può lasciare perplessi, visto che, anche se di base è stato fatto un buon lavoro, non sempre le liriche di Vincenzo Incenzo sembrano ispirate (strano, pensando all’ottimo lavoro che aveva fatto per “Ulisse”) e, nonostante i pur ottimi alti, questa disomogeneità non sempre favorisce lo sviluppo lineare del concept. La mia opinione finale è che siamo di fronte ad un bell’album, suonato alla grande e arrangiato benissimo, anche quando c’è l’orchestra o il coro, mai tronfi e mai troppo pesanti. La PFM si mostra, perciò, in ottima forma e non delude affatto; tuttavia, se mi viene in mente quel gioiello favoloso di “Sea of memories” registrato pochi anni fa, penso che potevano fare qualcosina di più…

 

Peppe Di Spirito

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