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PERIFERIA DEL MONDO Periferia del mondo Electromantic 2006 ITA

PDM ci porta a capofitto nel terzo episodio di racconti dalla periferia di un mondo fatto di favole urbane talvolta minimali, talvolta assolute, in percorsi mediterranei e mitteleuropei giocati sui sentieri di un prog molto contaminato, spesso diluito in maniera omeopatica in grandi mari, musicalmente appartenenti ad altri mondi.
Questo terzo lavoro è un opera di riflusso e di ritorno. Ritorno, innanzi tutto, a far musica come si deve, ben pensata, ben suonata e ben incisa. Ritorno a certi suoni che pensavamo perduti e che ci dimostrano come le piante seminate da Area, Banco, Perigeo e PFM riescano a dare ancora frutti di qualità. Ritorno a miscelare le sonorità italiane ed europee in maniera bilanciata, dove il momento alla Deep Purple non cozza con quello pescato da Ravel, dove un certo sapore per il folk non si scontra con l’apertura sinfonica o con il break di coinvolgente jazz-rock. Ritorno a fare un disco di grande sapore omogeneo partendo da radici estremamente eterotetiche.
Netta è la differenza di impostazione tra le parti cantate e le parti strumentali: quando l’esigenza della melodia è primaria e deve saltare all’orecchio per far comprendere un testo importante, diventa inevitabile (e forse anche banale dirlo) ricondurre la lingua italiana in sentieri più rock/pop e allontanare la metrica da equilibrismi prettamente prog. Questo problema (!?) c’è è innegabile e allora abbiamo brani più articolati come la title track o la splendida “Suite Mediterranea”. Brani più eleganti e raffinati e, per certi aspetti, più accessibili, come “Angeli Infranti” e “Chiaroscuro”. Brani dall’approccio hard stile anni ’70 con forti connotazioni Deep Purple, come “Synaethesia” e, a tratti, “Oceani” e, in tutto questo, le parti cantate hanno il lirismo, la poesia e l’impronta melodica più classicamente italiana.
Complessivamente direi che è centrato l’obiettivo della band di produrre un disco più lineare, accessibile e destinato anche ad un pubblico più vasto e oltre la solita nicchia. Questo è raggiunto grazie allo standard elevato degli arrangiamenti e delle idee di partenza. Innegabili le capacità tecniche e compositive del gruppo, ancor più affinate dalle scelte derivanti dal cambio di scuderia, con il passaggio alla Electromantic Music di Beppe Crovella. Alex Papotto tra le miriadi di fiati è figura onnipresente, gran lavoro ritmico e dimostrazione di notevole affiatamento la sezione ritmica con Tony Zito alla batteria (chi si ricorda del Nodo Gordiano?) e Claudio Braico al basso e ancora innegabili e più che palesi i contributi sonori e di arrangiamento di chitarra e tastiere rispettivamente per Giovanni Tommasi e Bruno Vegliante.
Basta… bel disco, compratevelo.

 

Roberto Vanali

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