Home
 
FRANCESCO PICCINI The soul’s progressive autoprod. 2008 ITA

Dopo quasi vent’anni di recensioni, e tanti promo conditi da bio così roboanti da sfociare nella comicità involontaria, non posso che nutrire un’istintiva simpatia verso la disarmante semplicità di Francesco Piccini: “Troppo spesso ho accompagnato i matrimoni suonando l’organo del mio motif-rack Yamaha arrangiando brani non del tutto «sacri». [...] Alle spalle vanto solo quattro anni di studio di pianoforte classico”. Caro Francesco, magari tutti i tuoi colleghi (del rock progressivo e non) avessero alle spalle “solo” quattro anni di vero studio!
Pianista, tastierista, nonché membro fondatore della DSB, questo 25enne dai modi garbati rappresenta il lato più sognante di tale band: quando suona dal vivo lo vedi spesso a testa alta e con gli occhi chiusi, come rapito in un’altra dimensione... Un animo gentile e, forse, un po’ tormentato, almeno a giudicare dal CD in esame, l’autoprodotto “The Soul’s Progressive”, che è poi il suo debutto ufficiale come solista. Composizioni, arrangiamenti ed esecuzione di tutti gli strumenti sono opera sua, pur se qualche prezioso aiuto - in cabina di regia e non solo - gli deriva dal fido Marco Lastri, e il risultato prettamente sonoro è di prim’ordine. A parte un occasionale intervento dei DSB Fabio Cioria (chitarra) e Riccardo Pucci (batteria), Piccini ha puntato molto sulle partiture vocali femminili, la cui interpretazione è di norma affidata a Letizia Izzo, ma troviamo anche Serena Bettarini e Barbara Ricci (entrambe from Entwined) e Lucia Sargenti.
Il titolo lo preannuncia, e la struttura lo conferma: ci troviamo di fronte a un vero album di progressive, a un concept i cui temi musicali si riaffacciano più volte, ripresi e modificati. Non vi sono radicali sconvolgimenti all’interno delle singole tracce, bensì edificazioni di maestose cattedrali sonore, quasi sempre decadenti in virtù delle modulazioni in minore. Valide e consapevoli le idee sin dall’opener “Soul’s Progressive: Beginning”, le cui avvolgenti etereità (vedi Mike Oldfield in chiave new age) partoriscono una progressione marillioniana, prima dell’azzeccata filastrocca alla Morricone nel finale. Il buon afflato melodico si conferma nella sinfonica “Fallen Kings”, uno dei vertici del lavoro; al pari significative le eccellenti rarefazioni ambient, un po’ sulla scia di Enya, che si rinvengono in “Confusion’s Chorus” e “Magic Crystal Glass”. Gli amanti di Kate Bush apprezzeranno le ipnotiche trame pianistiche di “Waste Girl” (buono l’epico assolo di moog di Lastri nel finale) e “Mr. Messeri”, mentre i Pink Floyd di “The Final Cut” sovrintendono spiritualmente a “Noor Inayat” e “Andrea Doria”. E’ il caso di precisare che gli accostamenti qui proposti non stanno affatto a intendere una mera scopiazzatura, ma servono solo a descrivere ciò che l’ascoltatore potrà più o meno ritrovare dal punto di vista sonoro; in realtà Piccini ha forgiato un proprio stile, accattivante e personale. Prova ne siano le due tracce conclusive: l’ammaliante ordito di “Blue Moon” evolve ritmicamente e sfocia in uno straniante contesto jazzato, mentre della suite “Soul’s Progressive: The Beginning of the End” colpisce una rabbiosa incursione hard. Un disco senza difetti? Beh, questo magari no. Piccini, bravo compositore ed esecutore, può ancora migliorare sul fronte degli arrangiamenti, qui talvolta scarni e poco elaborati. Un altro problema è la vocalità della Izzo, carente di armonici e ‘strozzata’ sul registro acuto: non è un particolare secondario, visto che il CD, come detto, si basa molto sulle stratificazioni dei cantati.
Pur con tali riserve, “The Soul’s Progressive” rimane un lavoro efficace e godibilissimo, malinconico ma estremamente vivo. Ancora dalla bio: “Ho prodotto 500 copie con bollino SIAE destinate alla vendita, ma non so come venderle”... Beh, merita o no il nostro appoggio un personaggio così umile e sincero?

 

Francesco Fabbri

Italian
English