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ANDRÉ PERIM Dágua autoprod. 2014 BRA

Primo delizioso disco per il tastierista e compositore brasiliano André Perim, “Dágua” è un piccolo cd autoprodotto dalla breve durata di ventinove minuti, interamente strumentale, dedicato al percussionista mestre Humberto De Souza, sacerdote della religione afrobrasiliana Candomblé, un culto incentrato sull’evocazione e l’adorazione degli spiriti Orixa originati dall’unico Dio Olorum; queste entità spirituali, identificate sincreticamente anche nei santi di tradizione cristiana, irradiano l’energia universale che permane in tutti gli esseri viventi. Viste queste premesse “Dágua” è una strana e simpatica fusion latin-prog cameristica con un’attitudine psichedelica e vintage che rievoca piuttosto bene certe atmosfere magiche e rituali del sincretismo religioso brasiliano, ancora profondamente legato ai culti pagani ed animisti africani. Lo stile personale di Perim si è radicato negli anni di studio ed esperienza con musicisti africani angolesi e di Capo Verde, nell’approfondimento della ritmica candomblé con mestre Humberto ed infine nello studio di orchestrazione e arrangiamento con il compositore Leandro Brana, del quale possiamo qui apprezzare una sua composizione per piano solista, l’elegante e malinconica “Outono”; l’elemento jazz fusion è comunque una costante fondamentale di quasi tutti gli otto brani in “Dágua”, le sonorità calde ed avvolgenti dell’organo e del Fender Rhodes combinate alle ipnotiche percussioni suonate da Wellington Soares inducono in effetti ad un’atmosfera onirica, quasi narcotizzante, con qualche progressione neoclassica di stampo progressivo più ortodossa in almeno un paio di brani ed interessanti divagazioni cosmiche come nel quarto pezzo “Orinoco” (dal nome dell’imponente fiume situato tra la Colombia ed il Venezuela), suonato insieme al chitarrista Pedro Mazzillo e con il theremin di João Pedro de Lima Jr. Come conviene nello spirito della musica brasiliana infine non mancano momenti più intrisi di umorismo come nella raffinata e spiritosa lounge di “Aqualouco” o nella frizzante “Umbigada”, venata di umori reggae…


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Giovanni Carta

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