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CLAY GREEN’S POLYSORBATE MASQUERADE BAND The Trans-Neptune trajectory autoprod. 2015 USA

Torniamo a occuparci della Polysorbate Masquerade Band, progetto del polistrumentista Clay Green qui al suo secondo album. In realtà non si tratta di una vera e propria band e se nel primo lavoro Green era coadiuvato da un bassista e da un computer accreditato come Bubbledroid, in “The Trans-Neptune trajectory” fa quasi tutto da solo e a dargli manforte ci sono solo Dan Zalac dietro le pelli e ospiti occasionali ai fiati e alle tastiere. Anche in questa occasione, come nel disco d’esordio, siamo di fronte ad una musica carica di una verve frizzante e briosa, una “americanata” che, riprendendo certi stilemi del prog sinfonico inglese degli anni ’70, segue un po’ le orme dei vari Yezda Urfa, Mirthrandir e Pentwater. Si tratta di un disco interamente strumentale, contenente sei tracce per una durata totale di circa trentacinque minuti, ben differente dai lunghissimi ottanta del suo predecessore. Questa particolarità la giudicherei un bene, perché tutto scorre molto più fluidamente e rimane maggiormente impresso dopo pochi ascolti. Volendo affrontare un po’ meglio i contenuti, diciamo che affrontiamo un pot-pourri trascinante di Yes, Jethro Tull, Gentle Giant e di inserimenti, in questo contesto, di tratteggi blues e jazz-rock. Non è un accozzaglia senza senso; si vede, infatti, che tutto è frutto di un attento processo di composizione da parte di Green, davvero abile a far quadrare i conti con questo mix elettrizzante e ricco di stravolgimenti ritmici. La partenza affidata a “Coronal mass ejection” non fa che seguire i discorsi sonori del precedente disco, con riferimenti chiari agli Yes e quella voglia di andare veloci e spediti come facevano gli Yezda Urfa; il tutto, ovviamente, miscelato a proprio modo e con svariate altre influenze stilistiche. Più particolare “Entropy”, in cui, a questo rock sinfonico di base, si aggiungono qua e là inflessioni jazz-rock che possono riportare alla mente gli episodi più funky di Herbie Hancock con i suoi Headhunters. “Remembering ‘Bubbles’”, “The uchalna revision” e “Antimetter of fact (a.k.a. life and death)” sono le composizioni più brevi, ma non fanno mancare energia e voglia di avventura. “Scattered disc”, al contrario, è la più lunga e chiude il cd con i suoi quasi dodici minuti. Si tratta del vertice dell’album con lo yessound di base che va a fondersi a orchestrazioni efficaci, capaci di rimandare ai primi episodi di commistioni tra suoni classici e rock (Moody Blues, Nice, Deep Purple). Un'altra bella prova destinata a chi si lascia trascinare dalla foga del prog statunitense, quindi, per questo musicista che sta dimostrando di avere idee ben chiare e valide capacità sia di composizione che di esecuzione.



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Peppe Di Spirito

Collegamenti ad altre recensioni

POLYSORBATE MASQUERADE BAND Chronicles of bubbledroid 2006 (ClayLabs 2012) 

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